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martedì 14 luglio 2020

LA PAROLA "RIVELAZIONE"

luglio 14, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , , No comments

La parola «Rivelazione», molte volte pare che sottintenda un riferimento diretto alla Scrittura, ossia alla Bibbia in quanto tale: Bibbia è una parola che viene dal greco e che vuol dire «libri» (biblia). Ma in realtà, il termine greco che corrisponde a «rivelazione» è apokalypsis, e l’ultimo libro della Bibbia è appunto l’Apocalisse. Pertanto, l’ultimo libro della Bibbia, non ha a che vedere con quella catena catastrofica sotto la quale tantissime volte lo si presenta. Ma non è questa la sede per questo approfondimento che, in ogni tempo della storia, è risultato e risulta sempre impegnativo... ma assolutamente possibile!

Quando in sede teologica si utilizza la parola «Rivelazione», pare che il riferimento sia immediatamente alla «Scrittura» (la Bibbia). Questo è giusto, ma in parte, poiché come le strade, o meglio, i canali della Rivelazione dalla quale scaturiscono sono «due», non uno soltanto. Questi canali sono la Sacra Scrittura e la Tradizione apostolica, le quali non possono essere separate: l’una non potrebbe permanere se mancasse l’altra e viceversa. Ma questo merita uno sguardo a parte, per il momento sarebbe meglio chiarire cosa si intenda per la parola «Rivelazione», e per questo si prenderà come riferimento principale quel mirabile documento del Concilio Vaticano II che è la Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, ossia la Dei Verbum.

Intanto è estremamente importante notare come si presenta l’indice del documento, poiché nulla è lasciato al caso: Proemio; 1. La rivelazione; 2. La trasmissione della divina rivelazione; 3. L’ispirazione divina e l’interpretazione della Sacra Scrittura; 4. Il Vecchio Testamento; 5. Il Nuovo Testamento; 6. La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa.

Ora, seguendo la Dei Verbum, alla domanda su cosa sia la Rivelazione, la riposta immediata la si rintraccia all’inizio del primo capitolo:

Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà (Cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (Cfr. Ef 2,18; 2Pt 1,4).

Dunque è possibile capire che con la parola «Rivelazione» si intende: Dio che rivela se stesso e la sua volontà salvifica nei confronti dell’uomo, e questo lo fa nella storia, la quale prenderà il nome di «storia della salvezza», che ha Cristo come mediatore e come pienezza di tutta la Rivelazione.

Ma la parola «Rivelazione» viene dal latino (re-velatio) e il primo senso è quello di «scoprire», «svelare». Vi è un altro senso, che è quello di «velare nuovamente», ossia «mettere nuovamente il velo».

Il punto è che entrambi i sensi sono corretti, per cui la Rivelazione è sia svelamento sia rivelamento. In ciò si capisce che Dio certamente si fa conoscere (svelamento) – importante in merito alla conoscibilità di Dio –, ma resta sempre l’ineffabile, colui che trascende assolutamente questa realtà, pertanto permane sempre quel Mistero (rivelamento) – importante in merito alla incomprensibilità di Dio, nel senso che non è possibile comprendere l’infinità di Dio, nonostante vi sia accesso alla sua conoscibilità, che fa sì che possiamo parlare, e anche correttamente, di Dio.

Pertanto, la Rivelazione ci fa conoscere Dio poiché è lui che si fa conoscere, ma ciò non esaurisce il suo Mistero. Per questo san Paolo si esprime chiaramente: «Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto» (1Cor 13,12).

Importante il fatto che Dio vuole comunicare la propria vita divina agli uomini da lui liberamente creati, per farli figli adottivi nel suo unico Figlio. Rivelando se stesso Dio vuole rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di quanto sarebbero capaci da se stessi (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 52).