Blog di informazioni e riflessioni su quanto concerne temi cristiani

Visualizzazione post con etichetta Pericoli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pericoli. Mostra tutti i post

giovedì 31 agosto 2023

RECENSIONE DEL LIBRO "L'ADESIONE DIABOLICA. UNA SFIDA ANTICA FRA DANNAZIONE E SALVEZZA" DEL PROF. ALBERTO CASTALDINI


 

Alberto Castaldini, L’adesione diabolica. Una sfida antica fra dannazione e salvezza, Sugarco Edizioni, Milano 2023

Recensione a cura di Gabriele Cianfrani

 

Il libro che ho il piacere di recensire, dedicato al grande esorcista e Servo di Dio P. Candido Amantini (1914-1992), è “L’adesione diabolica. Una sfida antica fra dannazione e salvezza” del Prof. Alberto Castaldini[1], che conosco personalmente e al quale va la mia stima e la mia gratitudine per un lavoro come questo. Sì, perché il Prof. Castaldini pone in luce alcuni aspetti antropologici – e non solo – di grande importanza, chiamati in causa a fronteggiare quell’azione diabolica nei confronti della quale, purtroppo ma molto spesso, si finisce per assecondarla, o meglio, per «aderirvi». Questo aspetto risulta centrale e lo si capisce già dal primo capitolo: La libertà spezzata. È proprio dalla libertà, che viene talmente piegata da «spezzarsi», che tutto ha inizio.

È importante, soprattutto per lo smarrimento odierno su temi come quello trattato dal Prof. Castaldini, dato che quando si parla del Maligno il riferimento non è ad una realtà impersonale, ma certamente personale, dal momento che il Maligno è un angelo caduto e come tutti gli angeli (buoni e cattivi) è una «persona»: omne subsistens in natura rationali vel intellectuali est persona (Tommaso d’Aquino, Summa contra Gentiles, IV, c. 35). Ciò emerge chiaramente sia dalla prefazione di don Silvio Zonin (esorcista della diocesi di Verona) sia dall’introduzione dell’Autore.

Ora, la libertà dell’uomo, che come facoltà spirituale rientra nella sua costituzione ontologica, conobbe il primo ostacolo con i progenitori Adamo ed Eva. Senza svolgere particolari approfondimenti, è possibile notare che alla domanda del serpente (cfr. Gen 3,1) la donna risponde inserendo il «non toccare» (cfr. Gen 3,3), ossia inserisce del suo al divieto divino, acconsentendo al serpente, per poi ritrovarsi con la libertà piegata, o meglio, spezzata. Tale stato poteva essere sanato soltanto dal rinnovamento della creazione in Cristo, come risulta dall’epilogo del libro (Per una creazione rinnovata in Cristo), che concede la partecipazione alla natura divina (cfr. 2Pt 1,4) per mezzo della gratia gratum faciens conferita sacramentalmente, a partire dal sacramento del Battesimo (cfr. Gal 3,27).

Passando in rassegna alcuni punti, il Prof. Castaldini pone in evidenza il fatto che l’«adesione» diabolica, per essere tale, non può non coinvolgere l’intelletto e la volontà. Infatti, nel primo capitolo egli scrive: «[…] in cui la tentazione viene perfezionata dalla volontà umana in iniziative che penetrano e si radicano nel vissuto concreto, quotidiano, abituale, proprio e altrui» (p. 36). In questo passo emerge un aspetto molto importante, ossia che la tentazione del Maligno non si pone in maniera totalmente estranea all’essere umano, altrimenti non vi sarebbe adesione alcuna, ma si radica nel vissuto, e se si radica nel vissuto vuol dire che si radica in ciò che la volontà umana cerca per sua natura: il bene. Infatti, se l’oggetto della volontà è il bene conosciuto, ossia il bene presentato come tale dall’intelletto, la volontà è disposta naturalmente ad aderirvi. Ma se questo bene venisse falsamente presentato come tale, ossia un male sotto le sembianze di bene, allora occorrerebbe una seria valutazione che chiami in causa l’agire morale, incluso il dinamismo delle virtù, che implica sia la potenza dell’intelletto sia quella della volontà. Ciò permette che un bene sia conosciuto e riconosciuto come tale. Tuttavia, come ben scrive l’Autore, spesse volte nel cooperatore di iniquità si confonde ogni criterio di discernimento. Ed ecco che dal punto di vista psichico e morale, la fragilità umana – spesse volte evocata come una vera e propria scusa… – non esonera l’uomo dal suo agire morale. Se è vero, come è vero, che agere sequitur esse, all’«adesione» diabolica segue un vero e proprio «assoggettamento», dal momento che viene coartato il vero agire libero dell’uomo, per cedere il passo alla negazione della libertà umana, ergo alla negazione dell’essere: «[…] poiché il diavolo, ribellandosi, negò l’essere, e con esso sconvolse l’armonia della creazione oltre a negare Dio, se stesso e gli uomini» (p. 40). Ora, tra i vari aspetti che il Prof. Castaldini evidenzia, ve ne sono alcuni e tutti di estrema importanza: la deformazione della intelligenza dei demòni, pur conservando quella volontà che continuamente aderisce al male (cfr. pp. 41-42); la falsa mistica come ricerca irrequieta che vuole trasformare l’uomo, cercando di elevarlo in modo illusorio decretando la sua rovina, facendo a meno di Dio (cfr. p. 49); l’adesione alle tenebre che giunge al cuore della questione antropologica situandosi nel nucleo ontologico dell’uomo (cfr. p.52); l’immaginazione creatrice che si riscontra nel mondo dell’occulto e che tende ad una vera e propria autodivinizzazione, subordinando a ciò anche la Rivelazione divina (cfr. 60-61) ed altri. Tra i vari aspetti ritengo particolarmente importante soffermare l’attenzione su quello relativo alla «soggezione/assoggettamento» conseguente alla «adesione». Lungi dal voler presentare il male come una sorta di algoritmo senza volto, come tante volte capita di constatare nell’epoca odierna, che ha quasi perso il concetto del volto (cfr. p. 121) e di conseguenza dell’identità, ergo della personalità, non vi sarebbe adesione diabolica se mancassero gli atteggiamenti attivo e cooperante, ossia volontario (cfr. p. 82). Cosa comporterebbe l’adesione alla proposta del Maligno? Non solo ciò che si definisce «peccato», ma un progressivo deterioramento ontologico. Certamente, non si mette in discussione l’immortalità dell’anima intellettiva, ossia l’anima umana – ovvio! –, ma certamente l’uomo, considerato nella sua totalità di anima e corpo, nonostante sia chiamato da Dio alla perfezione eterna, può incorrere nella più grande imperfezione, ossia la dannazione eterna. Se Dio è l’Essere per sé sussistente che partecipa l’essere alle creature, e l’essere come atto è la perfezione di tutte le perfezioni, l’incontro eterno con Dio comporta il compimento della perfezione umana, e sul piano soprannaturale comporta la piena partecipazione alla Bontà divina – già la grazia santificante agisce soprannaturalmente sul piano ontologico. Non solo, ma sia l’intelletto umano sia la volontà umana troveranno in Dio il pieno appagamento, Colui che solo può appagare in pienezza l’essere umano, essendo Egli somma Verità e somma Bontà. Tutto ciò corrisponde ad una vera e propria perfezione ontologica della creatura umana.

Al contrario, l’adesione diabolica, che non può non includere il moto della volontà verso l’oggetto diabolicamente presentato, mira a condurre ad una vera e propria dipendenza morale dal demonio, tale da provare una sorta di gusto del peccato (cfr. p. 80). Ciò si riscontra nell’opposizione tra «virtù» e «vizi». Ed ecco che l’agire morale, in quanto tale, non può prescindere né dall’intelletto né dalla volontà, infatti, l’Apostolo dice: […] lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2). Si noti l’ordine adoperato dall’Apostolo: pensiero – volontà. Il discernimento avviene sul piano intellettivo e successivamente subentra quello volitivo. Ma come l’intelletto presenta alla volontà il suo oggetto, così la stessa volontà muove l’intelletto e le due facoltà s’incontrano sul campo della libertà. Come riporta il Catechismo della Chiesa Cattolica: la libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà, di agire o di non agire, di fare questo o quello, di porre così da se stessi azioni deliberate. Grazie al libero arbitrio ciascuno dispone di sé. La libertà è nell’uomo una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà. La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine (n. 1731).

Nell’«adesione» diabolica è proprio la libertà ad essere coartata, impedendo alla creatura umana di raggiungere la sua perfezione in Dio, sfociando in quell’assoggettamento che non è altro che il risultato di un’adesione continua, scegliendo di partecipare al mysterium iniquitatis, e ciò volontariamente, fino a subire una certa conformazione a quest’ultimo.

Quale sarebbe il punto di partenza? Il Prof. Castaldini parla di stupidità metafisica (p. 65) nel rifiuto della propria creaturalità e di conseguenza nel rifiuto del progetto divino. È tutto concatenato, dacché Dio ha creato l’uomo per un progetto soprannaturale e l’uomo «aderisce» a tale progetto accettando, anzitutto, la propria creaturalità.

Oggi più che mai è necessario il ritorno ad una sana metafisica, anzitutto di stampo tomista, anziché chiudersi in quell’antropocentrismo falsamente presentato come bene per l’uomo, ma che in realtà continua imperterrito nell’estromissione di Dio dalla storia dell’uomo.

Ora, il rifiuto di Dio comporta il rifiuto della somma Bontà conseguente al rifiuto della propria creaturalità, nella convinzione di poter fare a meno, ontologicamente, di Colui che è (Es 3,14). Un rifiuto del genere implica la tendenza al non essere, nella negazione dell’essere, e non a caso il Maligno è colui che nega soprattutto ciò che il Creatore ha elargito sin dal principio: l’essere. La negazione dell’essere equivale alla negazione non solo di se stessi ma anche di Dio, con la differenza che Dio non può essere negato e non corre il rischio della dannazione, l’uomo sì, dacché con l’«adesione» diabolica si assoggetta a colui che è irreversibilmente dannato e che tende a negare anche se stesso pur di negare Dio Creatore. E in tal caso la conformazione al mysterium iniquitatis diventa così grande da propendere, addirittura, per la contraddizione, estranea persino a Dio. Ma il Verbo incarnato ha mostrato anche questo, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori (Lc 2,35). Ancora una volta la Beata Vergine, inseparabile dal Figlio eterno del Padre e sempre piena dello Spirito Santo, è il modello perfetto della perfezione umana corrisposta al progetto di Dio.

Un ringraziamento al Prof. Castaldini per aver messo in luce, nel suo libro, quello che a questo punto sembra essere l’aspetto più importante: la dipendenza ontologica e antropologica dell’uomo da Colui che è l’Essere per sé sussistente e sommamente Persona, offuscate dall’azione del Maligno, ma che dal riconoscimento di tale dipendenza creaturale dipende la salvezza o la dannazione.



[1] Laureato in Giurisprudenza e dottore di ricerca in Filosofia, è docente universitario, membro associato della Facoltà di Teologia Greco-Cattolica dell’Università Babeş-Bolyai di Cluj, in Transilvania, dove insegna filosofia e teologia della storia. Dal 2006 al 2010 ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest e ha ricoperto l’incarico di addetto culturale dell’Ambasciata d’Italia in Romania. Collabora come esperto con l’Associazione Internazionale Esorcisti (AIE).


sabato 6 maggio 2023

TUTTO E' STATO FATTO PER MEZZO DI LUI


 

Nelle librerie e su Internet è disponibile il mio libro pubblicato pochi giorni fa dalla Tau Editrice: 

Tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Discorso sulla fede e sulla realtà (2023).

 

Dalla quarta di copertina:

Il lavoro si presenta come la riflessione dell’autore su alcuni temi riguardanti il percorso di vita cristiano. Il tutto prende spunto da due passi della Scrittura: «tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,3) e «[…] pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15). Pertanto, lo scopo è quello della testimonianza riflessiva circa alcuni contenuti della fede cristiana (cattolica), in modo che vi siano confronti tematici, cercando di porre in evidenza la linea del Magistero della Chiesa ed esprimendo che il senso ultimo si trova nel Verbo di Dio.


Estratto dalla prefazione del Prof. Carmelo Pandolfi:

Di ou tà pánta egéneto – per quem omnia facta sunt canta il Simbolo ripetendo il Prologo di Giovanni. Gabriele Cianfrani – lo sappiamo – sente visceralmente la densità del Lógos, tanto che sta pensando ad uno studio sulla convergenza tra lógos ed esse (tomista). 

Ma qui il lavoro non scende a tali profondità e si mantiene al livello di quella che, una volta, si chiamava Apologetica.

Non c'è dubbio che una apologetica razionalistica, elencatica e difensiva abbia in certa misura fallito. È anche vero che la reazione – la mancanza di Apologetica – ha fallito anche essa, perché ha prodotto un banale «volemose bene», offensivo del Bene stesso.

La soluzione sta dentro il mistero stesso del Lógos che è Gesù Cristo, nel senso che la dogmatica stessa è apologetica. La bellezza del dogma si difende da se stessa e va solo mostrata, come numero primo inderivato e autoconvincente. Come l’originalità assoluta di quel brano, quello lì, di Mozart. Così ha insegnato, e praticato lungo tutta la sua «Gloria», la teologia più bella e insieme colta fra i Moderni: quella di Balthasar.


P.S. Chiederei, a chi decidesse di acquistarlo, di contattarmi - anche tramite l'indirizzo email che si trova a pagina 316 -, dal momento che è in corso l'elaborazione dell'Errata Corrige in riferimento alle pagine 66 e 67, in modo da poterla inviare tramite email.


domenica 13 novembre 2022

L'ADESIONE NARCOTIZZATA ALLA SEDUZIONE NARCOTIZZANTE

 


Spesse volte si leggono titoli che difficilmente sono riconducibili al contenuto dell’articolo e ciò costituisce un grave errore, ma non credo sia questo il caso, dal momento che si cercherà di spiegare non solo ogni parola del titolo in questione ma anche l’ordine, dacché anche questo è importante. Il materiale è importante (le parole), ma poi occorre che vi sia un certo ordine. L’ordine delle parole è importante poiché rimanda all’intenzione dell’autore, a ciò che l’autore vuole comunicare e in che modo intenda farlo, e sono sicuro che già si possa scorgere il modo polemico col quale intendo proseguire, obbligatoriamente senza risparmio. Forse sarò più lungo del solito, ma doverosamente.

Prima di iniziare vorrei riportare un passo del Catechismo della Chiesa Cattolica, In quanto sarà indispensabile per quel che seguirà:

 

La dottrina del peccato originale è, per così dire, «il rovescio» della Buona Novella che Gesù è il Salvatore di tutti gli uomini, che tutti hanno bisogno della salvezza e che la salvezza è offerta a tutti grazie a Cristo. La Chiesa, che ha il senso di Cristo, ben sa che non si può intaccare la rivelazione del peccato originale senza attentare al mistero di Cristo (n. 389).

 

Sono parole che non avrebbero bisogno di spiegazione, ma certamente richiedono, o meglio, pretendono lunga riflessione. Infatti, non è possibile trattare del mistero di Cristo e ignorare la colpa d’origine (peccato originale), così come non è possibile considerare la colpa d’origine all’infuori del mistero di Cristo, dal momento che è Cristo che ci illumina fino in fondo al riguardo (cfr. Rm 5,12-21).

Non è questa la sede per trattare del peccato originale e delle sue sfaccettature, non è l’intenzione dell’articolo, ma non poche volte si assiste ad una sorta di disagio da parte di cristiani (cattolici) nell’affermare che davvero vi sia stata una colpa d’origine. Un disagio tale da considerare quel brano di Gen 3,1-24 come se fosse solo un modo per raccontare alcune cose; una storiella posta per rispondere alla sofferenza umana; un modo per dire all’uomo che deve stare al suo posto; un tentativo religioso per spiegare il male nel mondo, non tanto distante da altri racconti di altre religioni; un modo per dire che la donna sbaglia sempre e roba di questo tipo. Insomma, oggi più che mai con difficoltà si ammette l’esistenza di una colpa d’origine, sfociando nei famosi «modi di dire» e nell’ostinazione al riferimento «puramente simbolico», ignorando cosa sia il «simbolo», che non è fantasia (ne ho parlato qui). Ora, dacché il tono dell’articolo è polemico e non vale il cosiddetto politicamente corretto, vorrei precisare non è possibile essere cristiani – meno che mai cattolici – senza credere a quanto esposto sopra. Il testo è chiaro: non si può intaccare la rivelazione del peccato originale senza attentare al mistero di Cristo. Mi dispiace, ma oggi come oggi pochissime parole vengono spese su questo argomento, che è fondamentale e chi ha il dovere di parlarne lo faccia. Se non vi è chiarezza su questo, come ci si rapporterà al Natale, alla Pasqua, alla Bibbia (Antico e Nuovo Testamento), alla Chiesa e alla sua storia, al Sacrificio Eucaristico (la Messa), alla Beata Vergine Maria, al mistero del male, alla salvezza in Cristo, alla vita futura ecc.?

Ed ecco che in maniera deplorevole e sottilmente ordinata il servizio televisivo propone tre pubblicità che a mio parere risultano oscene, oltre a mostrare l’enorme superficialità o l’enorme malizia di chi mira allo sradicamento di due verità fondamentali per il cristiano: il peccato originale e il mistero di Cristo nell’istituzione dell’Eucaristia. Queste le pubblicità, per poi passare alla doverosa nota polemica.







Cercherò di spiegare ogni parola del titolo in riferimento a queste cose esecrabili. Tuttavia, voglio precisare che non si tratta di chiusura nei confronti dell’espressione, ovvio, ma in questo caso mi pare che si sia giunti pubblicamente a un passo dall’oscenità. La dimensione religiosa dell’essere umano, qualunque essa sia, non può non godere di rispetto. Riguarda l’essere umano nella sua intimità.

 

- «Adesione»: con tale termine non si vuole indicare soltanto il contatto tra due cose, ma anche l’aver prestato il proprio assenso alla volontà altrui. Questo assenso è rivolto a quella volontà che si pone come negazione di Dio (cfr. 1Gv 2,22-23).

 

- «Narcotizzata»: l’adesione avviene in uno stato di anestesia intellettuale, subìta o cercata consapevolmente. Non può essere altrimenti, dal momento che gli argomenti circa il peccato originale e l’istituzione della santa Eucaristia hanno impegnato menti eccellenti e consentito di far scorrere fiumi di inchiostro. Altro che storielle raccontate per tenere nel sonno le menti, è vero il contrario, ossia l’abbandono di certi argomenti ha condotto a quella riduzione intellettuale che appare in tutta la sua evidenza (ad esempio il fatto che oggi vi sia un dominio della tecnica che conduce a considerare quasi esclusivamente il prodotto avente come fine il solo consumo nell’assoluta immanenza). Si pensi a quel mirabile incontro tra la filosofia e la teologia nel mistero dell’Eucaristia (ciò che avviene con la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo si chiama transustanziazione): partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, [i fedeli] offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con Essa (Conc. Vat. II, Lumen gentium, n. 11). Si pensi al significato del termine persona e sulla importanza di tale termine, il quale non si capirebbe pienamente se si ignorassero i primi concilî della Chiesa. Si pensi alla grande difficoltà odierna di riconoscere il bene, il vero, il bello, riducendoli solo a ciò che appare nella pura successione inconsistente di fenomeni, con la quasi impossibilità di ricondurli alla ricchezza dell’essere come loro principio e fine, di quell’essere conferito in modo partecipativo da Colui che non presenta composizione alcuna e che è il reale principio di ogni essere, di ogni bene, di ogni verità, di ogni bellezza, dal momento che è l’Essere per sé sussistente. Non solo, poiché l’amore stesso in Dio è sussistente e sarebbe vano cercare all’infuori di Dio il fondamento della capacità di amare dell’uomo. Proprio per quanto riguarda l’amore ci si renderà conto che sempre più avanzano descrizioni dello stesso, o meglio, di alcuni aspetti, ma non definizioni.

 

- «Seduzione»: interessante questa parola, in quanto vuol dire conduzione a sé («sedurre» da se-ducere, ossia condurre a sé), non intesa esclusivamente nel campo affettivo. Infatti, si intende anche l’azione di condurre a sé per distogliere l’altro dal compiere il bene, per separarlo dal compiere il bene o ciò che dovrebbe. Ed è su questo senso che ci si soffermerà.

Il testo biblico riporta ciò che Eva rispose a Dio: «il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato» (Gen 3,13).

Senza entrare in particolari molto interessanti ma che richiederebbero troppo spazio, è possibile notare che l’«inganno» segue quell’atto di «conduzione a sé» da parte del serpente, che in ultimo separa Eva – e con ella Adamo – da Dio. Il punto è che i progenitori non potevano cadere in «inganno» nel vero senso della parola, se per inganno si intende un raggiro, un condurre in errore o cercare di far credere vere le cose che sono false e viceversa, dal momento che i progenitori non erano ignorantelli, come spesse volte vengono presentati in merito a questo evento, in quanto non soggetti ad ignoranza. La scelta fu consapevole e la «seduzione» del serpente non ha fatto altro che spingere ulteriormente a commettere esternamente ciò che poi è stato commesso, volontariamente, ma già a partire dall’interno (peccato interno), per cui il credere alle parole del serpente e il commettere quel peccato, non sarebbe stato possibile se prima non vi fosse stato l’amore del proprio potere e una superba presunzione di sé (cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 94, 4; Ibid. ad 1). Ed ecco l’anomalia: la scelta di un bene transitorio, il cui fondamento risiede in Colui che è il Bene sussistente, al posto dello stesso Bene sussistente dal quale deriva il bene. Anomalia che si fonda sulla superbia, ossia il considerare solo la propria eccellenza, una sorta di ripiegamento su se stessi.

Come è possibile notare, la questione è molto profonda e ci sarebbe tanto altro da aggiungere, ma è chiaro che un argomento come questo non può essere oggetto di scherno.

 

- «Narcotizzante»: in tal caso la seduzione ha effetto narcotizzante, dal momento che – mi dispiace per la durezza, ma il tono è polemico – si ha uno svuotamento anzitutto intellettuale, tale da portare a promuovere messaggi pubblicitari come quelli sopra. Ma lo svuotamento non è solo intellettuale, dato che coinvolge tanti aspetti dell’uomo, compreso quello della riverenza.

È davvero interessante quanto il genio di C.S. Lewis mette in bocca a Berlicche, tutto intenzionato ad istruire il nipote Malacoda: «È buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori dalla loro testa» (C.S. Lewis, Lettere di Berlicche, trad. A. Castelli, Mondadori, Milano 2015, p. 20. Titolo originale: The Screwtape Letters). Effetto narcotizzante.

 

Tirando le somme, risulta chiaro il messaggio ultimo: proposta ridicolizzata di Dio conducente all’adesione vuota e negatrice di Dio, ossia il dolce avvelenamento. Cosa ne consegue? Semplice: l’adesione al nulla, ossia all’imperfezione assoluta. Senza troppi giri di parole, si tratta di un vero messaggio anticristico, nei confronti del quale non è possibile restare imperturbabili. Ciò interpella chi sta scrivendo proprio perché membro della Chiesa per mezzo del Battesimo, per cui ritengo doverosa la polemica a difesa di verità fondamentali per la vita cristiana. Inoltre, e non so se vi sia consapevolezza o meno, queste oscenità intaccano soprattutto la dignità umana – Dio non è soggetto di mutazione ontologica –, dal momento che l’uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutto l’universo, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa della luce della mente di Dio (Conc. Vat. II, Gaudium et spes, n. 15). Pertanto, la grandezza dell’uomo è in riferimento a Dio, altrimenti ci sarà sempre quel ripiegamento che oggi comporta l’essere assoggettati a se stessi, o peggio, ai prodotti delle proprie mani, delle mani dell’uomo (cfr. Sal 115). Ma questa non è libertà e la visione cristiana mira all’innalzamento, non all’abbassamento. Tra i tanti aspetti fondamentali dell’Incarnazione, vi è anche la manifestazione della dignità umana: mentre mediteranno tutto ciò, i fedeli non dimenticheranno che Dio volle sottostare all’umile fragilità della nostra carne, affinché il genere umano fosse innalzato al più alto livello della dignità (Catechismo Tridentino o Romano, n. 51). Dio non può essere attaccato, dal momento che è Dio, ma l’uomo può esserlo e in tal caso nel suo nucleo: lo smarrimento di Dio comporta anche lo smarrimento dell’uomo.


Gabriele Cianfrani 


venerdì 30 ottobre 2020

HALLOWEEN - TRA STORIA, LEGGENDA, TRADIZIONI E CONTRADDIZIONI

ottobre 30, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , , , 4 comments



Si avvicina il 31 ottobre e la cosiddetta festa Halloween è ormai giunta. Spero che in questo periodo particolarmente difficile non si pensi davvero a tale festa, ma in ogni caso credo che qualche parola su Halloween sia giusto spenderla. 

Tante sono le informazioni in merito all’aspetto storico che richiamano l’origine della parola Halloween, la quale deriva da «All Hallows Eve» (Vigilia di tutti i Santi), che è in funzione della «Solennità di tutti i Santi» che fu istituita da Papa Bonifacio IV nel sec. VII e fissata il 13 maggio. Nell’anno 834 Papa Gregorio IV spostò tale solennità al 1° novembre. Col tempo ciò subì una vera storpiatura e si passò da «All Hallows Eve» ad «Halloween». Ma tale storpiatura rimandava sempre all’origine buona della festa. Il problema è che con la parola Halloween si considera ciò che in realtà non è proprio espresso dalla medesima, col risultato di un vero «calderone» – appunto – nel quale gettare di tutto e di più, sfociando nel macabro nel vero senso della parola e di conseguenza in un mondo dai risvolti alquanto oscuri. Quella del 31 ottobre è la notte della «preghiera», durante la quale si ricorda anche che col Battesimo ha avuto inizio la santità della e nella vita cristiana, non la notte in cui si spende per cose inutili, o peggio, dannose. Se soltanto quel leggendario personaggio che è Stingy Jack non avesse speso quello scellino. 

A seguire il testo di un articolo pubblicato sul blog di David Murgia (Il Segno di Giona) nel 2019, al quale ho ritenuto di apportare alcune modifiche.

Ogniqualvolta si giunge al 31 ottobre, pare ci si imbatta nuovamente nella cosiddetta festa di «Halloween», la quale ha preso largo spazio nella vita di molti, adulti e non, e continua a spandersi come macchia d'olio. Eppure l'origine di tale festa pare che presenti ancora dei dubbi, delle incertezze: è una festa buona oppure no? Nel caso si rispondesse propendendo per l'origine ‘buona’ di tale festa, ciò meriterebbe anche una spiegazione, come di una spiegazione meriterebbe la risposta qualora vertesse sulla origine ‘non buona’ di Halloween.

Una cosa è certa, ossia che ciò che oggi si festeggia non ha nulla a che vedere con l'origine del nome «Halloween», dacché esso deriva, seppure in maniera distorta da «All Hallows Eve», cioè «la Vigilia di tutti i Santi», e mi pare che durante questa ricorrenza, di santi, non se ne festeggi quasi nessuno, ma solo zucche... e anche vuote!

Premesso questo, passiamo a quella che risulta essere l'origine di Halloween e di come questa festa sia giunta con tale nome, in maniera totalmente distorta e confusionale sino ai nostri giorni. In ogni caso le informazioni che seguiranno non sono altro che il frutto di alcune ricerche.

Il 31 ottobre è una data importante non soltanto nella cultura celtica, ma anche nel satanismo (capodanno satanico), che adopera questa data; è anche uno dei quattro sabba delle streghe (riunione di streghe alla presenza del demonio, durante il quale avvengono riti di ogni tipo). Ma non buttiamola così, altrimenti si corre il rischio di mettere tutto nello stesso calderone - purtroppo oggi accade spesso e in vari ambiti. Tuttavia, per quanto riguarda il satanismo, bisogna riportare che vi sono precise ramificazioni e che esso prende ciò che è buono per scopi non buoni, in maniera dissacrante. Inoltre, è sempre cosa buona premettere che non si accusa tutta la cultura celtica in quanto tale – e ci mancherebbe! –, e questo vale per ogni cultura, ma soltanto quel particolare contesto in cui è stato intessuto il contenuto di «Halloween», che al giorno d'oggi risulta distante sia dalla cultura celtica sia da quella cristiana. Pertanto, procediamo con calma.

La «Solennità di Tutti i Santi» istituita nel settimo secolo da Papa Bonifacio IV, a ricordo dei martiri e inizialmente celebrata il 13 maggio, venne spostata al 1° novembre da Gregorio IV nell'anno 834, con l'esplicito intento di aiutare i fedeli a vivere cristianamente la commemorazione dei defunti, abbandonando gli usi pagani. Del resto molti popoli dell'Europa antica festeggiavano la successione delle stagioni mescolando la festa dei morti con quella dei vivi, ma la Chiesa Cattolica, in seguito, rimpiazzò tale festa pagana con quella di «Tutti i Santi».

E nasceva così All Hallows Eve, cioè la Vigilia di Tutti i Santi, celebrata nella notte del 31 ottobre. Le tradizioni popolari sopravvissute nella cattolica [celtica] Irlanda diedero origine alla festa di Halloween – storpiatura di [All] Hallows Eve – celebrata in parallelo alle festività cristiane.

 

Vediamo ora di ripercorrere, in maniera spero accurata, il sentiero leggendario-tradizionale-storico di Halloween, così come sembra emergere.

 

   - Aspetto LEGGENDARIO: secondo l'antica leggenda irlandese, vi era un tizio di nome Stingy Jack alquanto malvagio, avàro e perverso, che durante la notte d'ognissanti, dopo l'ennesima bevuta venne colto da un attacco mortale. In seguito a questo attacco, Jack muore, ma con l'impossibilità di entrare in Paradiso e anche nell'Inferno, a causa di un patto con il diavolo, il quale prevedeva l'offerta della sua anima in cambio di uno scellino, che pose accanto ad un crocifisso al momento dell'offerta e per questo il diavolo fu impossibilitato di prendere l'anima di egli. Al verificarsi della sua morte, una volta che il diavolo lo colpì al volto con un tizzone ardente, si ritrovò come un fantasma vagante nel mondo dei vivi con una rapa e della brace fiammante al suo interno, che utilizzava come lanterna e come significato della sua dannazione eterna.

 

   - Aspetto TRADIZIONALE: secondo la tradizione, gli irlandesi, colpiti dalla carestia emigrarono in America intorno all’anno 1850. Nella nuova terra trovarono una gran quantità di zucche, le quali erano molto più grandi delle rape e facilmente intagliabili. In tal modo le zucche sostituirono le rape e divennero le «Jack O’Lantern». Queste specie di lanterne venivano utilizzate nella notte d’ognissanti perché si pensava di tenere lontani gli spiriti inquieti dei morti che tentavano, come Jack, di tornare a casa.

 

   - Aspetto STORICO: secondo quel che pare sia l’origine storica, ciò risale ad una sètta appartenente alla cultura celtica – pare fosse proprio quella dei Druidi, ossia la casta sacerdotale presso i Celti –, o che aveva sotto il suo impero il mondo celtico. In ogni caso sempre nella realtà celtica ci troviamo, nonostante al fatto che oltre ai Druidi vi fossero anche i Bardi e i Vati. Nel giorno del 31 ottobre la sètta si riuniva per invocazioni e sacrifici, che per alcuni sarebbero stati in onore del dio della morte «Samhain», visto come una vera e propria personificazione, mentre per altri sarebbero stati dei sacrifici svolti durante il capodanno celtico conosciuto appunto con il nome «samhain» (= riunione o per alcuni fine dell'estate), che cadeva nella notte tra il 31 ottobre e il 1°novembre e che segnava il passaggio dall’estate all’inverno. Durante tale passaggio il mondo dei vivi entrava in forte contatto con il mondo dei morti, o meglio, il mondo dei morti entrava in contatto con quello dei vivi. Infatti, il ciclo festivo dei Celti prevedeva quattro feste: Samhain (cadeva il 1° novembre), Beltane (cadeva il 1° maggio), Lugnasad (cadeva il 1° agosto) e Imbloc (cadeva il 1° febbraio). Tuttavia, è bene precisare che presso i Celti si praticavano anche sacrifici umani (basta considerare ciò che è stato scritto sulla divinità Teutates o Toutatis), come si può capire da vari testi di storia delle religioni. Questo rimanda ad una precisa concezione religiosa, che coinvolge qualche altra religione e che andrebbe affrontata con strumenti adeguati, senza cadere nelle agitazioni più varie. 

Vediamo cosa è possibile ricavare da alcune posizioni sul tema, ancora discusso, ma con alcune certezze di fondo.

Durante la festa di samhain, secondo alcune osservazioni, era solito da parte di questa sètta andare in giro, casa per casa, a chiedere due cose: sacrificio o maledizione? Secondo altre osservazioni, mischiando anche l’aspetto leggendario, si trattava proprio dello spirito di Jack che chiedeva questo. Altri osservazioni ancora riportano che ciò era dovuto per placare gli spiriti. Insomma, le versioni cambiano, ma il fondo è comune: offrire per ottenere in cambio qualcosa. Non sarebbe male indagare ulteriormente.

In poche parole, se le persone alle quali veniva chiesto ciò rispondevano con l’offrire il «sacrificio», se ne uscivano da ogni tipo di problema; diversamente se rispondevano negando di offrire, di concedere il sacrificio, avrebbero subìto una «maledizione». Da questa dinamica deriverebbe il famoso «trick or treat», che letteralmente significa «trucco o divertimento», «stratagemma o piacere (godimento)». In maniera abbastanza occulta si è voluto mascherare l’origine del «trick or treat», dato che si trova in quella di «sacrificio o maledizione» … E il cosiddetto ridicolo «dolcetto o scherzetto» non ha nulla a che fare con la traduzione del «trick or treat», se non nella misura in cui si considera come ulteriore occultamento di ciò che dietro si nasconde.

La Chiesa Cattolica con Gregorio IV a capo, santamente spostò la Vigilia di Tutti i Santi dal 13 maggio al 1° novembre, con l’intento di fare in modo che i fedeli potessero autenticamente e veramente celebrare tale festa che cadeva e cade nella notte del 31 ottobre, da fare in modo che si potessero abbandonare certi comportamenti che tante volte sfociavano in una vera dinamica oscura. Ciò ha delle motivazioni ben precise.

Inoltre, cosa molto importante per non cadere nel fraintendimento, il «sacrificio» in sé rientra nella sfera cultuale e non è di per sé qualcosa di cattivo, anzi, è un elemento religioso. Basti pensare a ciò che nella cristianità è decisivo, ossia il «sacrificio di Cristo» sulla croce. Di per sé la parola «sacrificio» vuol dire azione sacrafare sacro e rimanda sempre all’offerta cultuale, momento estremamente elevato. Ma il sacrificio cruento di Cristo sulla croce e quello incruento che si celebra durante la santa Messa non è minimamente accostabile ad una realtà come quella espressa sopra, per alcuni motivi precisi che richiederebbero ampio spazio. Neanche i sacrifici nell’ambito cultuale dell’Antico Testamento sono accostabili a simile realtà.

 

Esposti i punti «leggendario, tradizionale e storico», possiamo pervenire alle conclusioni.

 

Intanto il termine Halloween appare essere una vera e propria storpiatura dell’originale «All Hallows Eve», da cui si discosta totalmente; inoltre, il contenuto di tale festa, quella di Halloween sorta appunto come successiva storpiatura, è da ricercarsi nella magia, sfociante in ultimo nel satanismo. Non si sta affermando che sia questa l’origine di Halloween, come molte volte si riscontra in alcune accuse, ma semplicemente che queste altre dinamiche sono sorte in seguito alla storpiatura. Certe cose necessitano sempre di ulteriori precisazioni.

Che i bambini o ragazzini vadano in giro travestiti da esseri spaventosi chiedendo «dolcetto o scherzetto?», non fanno altro che ripetere l’intenzione della frase «sacrificio o maledizione?», inconsapevolmente ma lo fanno. Per cui i ragazzini non fanno altro che ripetere ignorantemente, inconsapevolmente, tale intenzione. Senza contare che i costumi di Halloween rimandano proprio al tema della morte (scheletri, zombie ecc.). Certo, pensare alla morte è importante, ma non in questo modo. Anzi, forse si cerca proprio di 'esorcizzare' la morte accostandosi ad essa in maniera, per così dire, rischiosa. Purtroppo nel mondo di oggi il tema riguardante la morte è quasi scomparso del tutto, o peggio, affrontato in modo tale come se la morte stessa fosse una sorta di annichilimento totale, avente le stesse proprietà di un principio. Questa è una contraddizione bella e buona, ma al contempo fa capire che vi è una esigenza, più o meno esplicita da parte dell'uomo contemporaneo, di affrontare i cosiddetti novissimi, ormai quasi del tutto scomparsi dall'orizzonte omiletico. 

Occorre che gli adulti si informino in maniera vera e non dietro alla purtroppo – almeno in tanti casi – falsa TV! 

Partecipare a festini o incontri notturni durante la notte del 31 ottobre, non per festeggiare la «Vigilia di Tutti i Santi» in preghiera, ma per prendere parte alla festa di Halloween, è un modo per rievocare i festeggiamenti presi in prestito da quella sètta celtica in onore del dio della Morte «Samhain», qualora si consideri Samhain come una sorta di divinità celtica personale, e su questo, per la verità, pare si discuta ancora. Ma anche se così non fosse e si considerasse «samhain» come il semplice passaggio dall’estate all’inverno, una delle quattro festività, comunque finiremmo sempre in una sorta di realtà spiritista, dal momento che tale festa riguardava il contatto con i morti. Si ricorda che l'odierna festa di Halloween, per alcune ragioni, risulta distante anche dalla cultura celtica. Ma anche se non fosse così, tralasciando tutto ciò come se non vi fossero certezze, quella smania di contatto con ciò che si trova al di là, assecondata in maniera così appariscente, non può passare inosservata o come se fosse insignificante. Questo è il punto. Il tutto ha come fine quella sorta di contatto con una realtà che, in ogni caso, oltrepassa la sfera materiale. Il problema risiede nel «contatto» e nel «modo del contatto»: non si tratta di Dio, dato che con Dio non ci si mette in contatto in quel modo, ovviamente, e neppure riguarda il genuino rapporto con i defunti. Ad oggi, con tutto ciò che è derivato da questa realtà, si può concludere che non è possibile servire due padroni (cfr. Lc 16,13).

È giusto che si sappia che durante la notte di Halloween il mondo occulto, che include la magia e il satanismo, opera ininterrottamente a favore di una realtà alquanto oscura. A titolo d’informazione, il famoso simbolo della pace è tutt’altro che di pace, essendo di origine magica. In poche parole, le cosiddette feste di Halloween, che si accetti oppure no, non sono altro che rievocazioni storiche, con travestimenti, di quella della sètta celtica in onore di una realtà che sconfina totalmente da quella autenticamente cristiana, e in più vi è la sovrapposizione di altre realtà, legate al mondo dell’occulto, che non sono affatto buone. Inoltre, se aggiungiamo anche la leggenda del famoso Jack, notiamo che trova grande riscontro in questa ricorrenza magica, nell’esprimere che ogni cosa è dovuta soprattutto attraverso «patti» stipulati inconsapevolmente con il maligno. 

Non prendiamocela con Dio se alla fine di tutto si cade nel male, nelle sventure! Dio ha dotato l’essere umano di ragione e lo stimola ogni giorno ad approfondire ogni sorta di verità che altro non è che un raggio di luce della sola ed unica Verità: Gesù Cristo. Dio vuole che gli uomini abbiano la «zucca» piena e non vuota, altrimenti il popolo sarà destinato a perire per mancanza di conoscenza (Os 4,6).

Per concludere, il cristiano deve ritornare all’autentica «Vigilia di Tutti i Santi» e non ad «Halloween», o meglio, a quell’Halloween secondo la vera origine di tale festa cristiana e senza la storpiatura, senza tale distorsione.

D’altra parte vi è anche uno spreco enorme di cibo… Tante zucche buttate per commettere il male – e lo si commette con conseguenze che prima o poi appariranno visibili – quando poi ci si lamenta della fame nel mondo… Ma è una presa in giro? Utilizziamo queste zucche per una bella zuppa calda o per un arrosto di zucca, che tra l’altro è anche buono, e magari con una goccia di aceto balsamico. 

Mi rivolgo ai cristiani: ritorniamo a Dio, al Dio della Rivelazione (Scrittura e Tradizione). Non vi è altro nome se non quello di Gesù Cristo presso il quale trovare il senso della vita e la salvezza, per mezzo della Beata Vergine Maria.




lunedì 10 agosto 2020

SCUSA MAMMA, HO SBAGLIATO POSTO...

 



In merito a quanto stabilito dall'attuale ministro della salute Roberto Speranza sull’aborto, ripropongo il testo di un articolo presente su un altro mio spazio internet, ma che probabilmente chiuderò. Questo è il motivo per cui il testo inizia con l’evento del 22 gennaio 2019. È chiaro a tutti che è possibile, appunto da quanto stabilito ultimamente (intervento dello stesso ministro della salute su Twitter in data 8 agosto 2020), procedere con l’aborto farmacologico (pillola RU486) fino alla nona settimana. Per alcuni versi non mi interessano neanche i «confronti legislativi», ma ciò che vi è di fondo riguardo a precise scelte, anche se un minimo di confronto seguirà nel testo. Sinceramente, il ministro parla di «linee guida basate sull'evidenza scientifica», ma sarebbe doveroso spiegare quali siano queste evidenze, altrimenti si corre il rischio, come spesso accade, di utilizzare l’espressione «evidenza scientifica» in maniera non solo non evidente ma anche del tutto vaga, o peggio, ambigua. 

                                                                                 ***

Il 22 gennaio 2019 il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo ha firmato una legge che prevede l’aborto anche dopo 24 settimane di gravidanza. Del resto è una legge simile – ma non uguale – a quella italiana (legge n.194 del 22 maggio 1978, ratificata nel 1981), anche se quella italiana prevede la possibilità di abortire dopo i 90 giorni solo per motivi terapeutici, quando vi siano rischi per la salute psichica della madre o insorga la minaccia di malattie e di malformazioni del nascituro – e da questo non si escludono affatto manipolazioni, o meglio, queste risultano essere in numero notevole. In poche parole, ciò permette l’uccisione del nascituro senza alcun limite di tempo, l’importante è che non sia ancora uscito dal grembo materno. Ora, questa legge, che rievoca la sentenza del 1973 per la legalizzazione dell’aborto (Norma Leah McCovery alias Jane Roe vs Henry Menasco Wade), si presenta come una vera conquista per i diritti della donna e per la tutela della vita in generale… Fino a questo punto, nonostante l’aborto sia «intrinsecamente» azione cattiva – anche i dati scientifici parlano chiaramente –, pare ci sia una sorta di proporzionalità, tra la tutela di una vita e l’eliminazione di un’altra. Ma il punto è che ci si ritrova dinanzi al mascheramento della realtà mediante termini volti a far credere la logicità della contrarietà, o meglio, se volessimo dirla con le parole del grande Card. Giacomo Biffi diremmo che «una volta, per fare notizia bisognava dire un’eresia, oggi invece occorre un’ortodossia». Ebbene queste parole del Card. Biffi si possono inserire tranquillamente anche in tal contesto: il favorire la vita viene visto come antica mentalità da superare; l’impedimento della vita viene visto come la massima espressione di libertà, di quella libertà di cui l’uomo ne sarebbe il possessore assoluto. Beh, tutto questo per «tutelare» la vita… Ma vi sono degli atti «intrinsecamente cattivi» e lo sono di per sé, ossia per il loro stesso oggetto – il mezzo con cui l’intenzione viene realizzata –, indipendentemente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze, e uno di questi è l’aborto (Cfr. Rm 3,8). Alla fine riporterò alcuni testi per l’approfondimento dell’argomento.

Senza cadere nelle solite affermazioni del «sì» o del «no» alla vita, qui non si tratta di una realtà soggetta a sua volta a interpretazioni soggettive, bensì di una realtà oggettiva. E questo non vale solo per l’America settentrionale o per l’Asia, ma anche per l’Italia e per tutti quei Paesi che legalizzano l’aborto o lo consentano con delle restrizioni, condizioni… Ma gira e rigira sempre viene permesso. Che il tutto venga presentato con parole dolci e allettanti non ha senso, anche perché il governatore Cuomo, stando ad alcune informazioni, ha espresso che «a New York, le donne avranno il diritto fondamentale di controllare il proprio corpo». Il fatto che vi siano casi di gravidanza difficili, sui quali occorrono studi e mezzi giusti per far sì che la stessa gravidanza si svolga nel modo più sicuro possibile è un dato innegabile, così come lo è stato in passato. Oggi si dispone di mezzi per consentire la sicurezza della gravidanza, o almeno far sì che vada incontro a un minor numero di problemi, qualora dovessero presentarsi, ma senza soppressione della vita causata da mani d’uomo.

Il testo di legge firmato, almeno per quel che sembrerebbe, è la perfetta espressione del ‘fai ciò che vuoi, sei tu il padrone’. Diversamente non può apparire, soprattutto se consideriamo una parte del testo – integralmente lo si trova su internet (qui) –, nella quale, se prima vi erano alcune condizioni per cui un omicidio poteva esser ritenuto tale, ora non più. Ecco il testo con alcune parti appositamente eliminate, che riporto di seguito:

 

     4                  HOMICIDE[, ABORTION] AND RELATED OFFENSES

    

     7  Homicide  means  conduct  which  causes  the  death of a person [or an

     8  unborn child with which a female has been pregnant for more  than  

     9  twenty-four  weeks] under circumstances constituting murder, 

         manslaughter in

   

   10  the first degree, manslaughter  in  the  second  degree,  or  criminally

   

   11  negligent  homicide[,  abortion  in the first degree or self-abortion in

  

   12  the first degree].

 

Traduzione dal punto 7 al punto 12 (sottolineato il testo che hanno cancellato):

Omicidio significa condotta violenta che causa la morte di una persona (o di un bambino non nato di cui una donna è incinta da più di 24 settimane) in circostanze che costituiscono assassinio, omicidio colposo di primo e secondo grado, o omicidio causato da negligenza criminale (aborto di primo grado o aborto autoinflitto di primo grado).

Ebbene, da questo testo si evince che l’aborto era considerato, inizialmente e giustamente, un vero e proprio omicidio almeno dopo le 24 settimane, compreso l’aborto auto-inflitto. Cosa è cambiato ora? Saranno forse cambiati i dati scientifici che affermano sempre più, a loro dispiacere, che la nuova creatura è «persona» già dallo stato di zigote? Sarà forse cambiata la linea della Chiesa, la quale afferma, sempre a loro dispiacere, che l’anima è creata subito dopo la fusione del gamete maschile con quello femminile, ossia con la formazione dello zigote? Come mai prima non si parlava di tutela della donna e ora sì? È conquista di vera libertà? È visione moderna o modernista? È progresso o progressismo rivoluzionario? Inoltre, con quelle parti di testo eliminate, se un domani una donna incinta subisse violenze e il nascituro morisse per le percosse ricevute, ella non potrà più chiedere «giustizia» per la morte del proprio figlio, semplicemente perché non sarà più considerato omicidio, né prima né dopo le 24 settimane, e il testo sopra riportato presenta forte ambiguità. 

Mi pare che l’unica cosa che sia cambiata è il voler universalmente impadronirsi di ciò di cui si è meno padroni: la vita. La tendenza è sempre questa ed è incontrovertibilmente antica tanto quanto l’uomo. Non solo, ma dal testo di legge traspare fortemente che nella definizione di «persona», in questo caso, non rientrerebbe affatto il bambino ancora nel grembo materno. Pertanto, il nascituro, a calcoli fatti, sarebbe un essere indefinito, anonimo e insignificante. Eh sì perché il tutto non convince affatto, dacché la formulazione delle parole godono appunto di una certa ambiguità, e a volte è proprio tale ambiguità che paradossalmente dice tutto.

Senza riportare l’origine del termine di persona come riferente a ciò che sussiste razionalmente e non esclusivamente alle maschere delle commedie teatrali – il termine persona perse il riferimento alla maschera e assunse quello di ipostasi, che in latino si traduce direttamente in «substantia, suppositum» –, il quale ha le sue origini nella Chiesa Cattolica (Concilio di Nicea I – 325 d.C.) per questioni trinitarie e cristologiche, è chiaro che la definizione stessa di «persona» si dice tanto dell’adulto, dell’essere umano nato, quanto del nascituro anche nello stato di zigote. Noi esseri umani, prima di esser ciò che siamo ora eravamo, per un tempo, nello stato di zigote. Questo non comporta il fatto che lo zigote non sia possibile considerarlo come persona umana per il fatto che non abbia ancora facoltà intellettivamente umane in atto. Certo, non le ha ancora, ma le avrà, le svilupperà così come è accaduto ad ognuno di noi. Ci sono poi dei casi difficili, sui quali non è bene che ci si esprima superficialmente, ma ciò non esclude il fatto che si parli sempre nell'ambito della natura umana, che in tal caso ha carattere personale. Noi siamo attualmente ciò che prima eravamo potenzialmente, e la potenza è ordinata al «suo» atto. Le parole del testo di legge parlano chiaro: fino a quando il bambino restasse nel grembo materno e morisse a causa di azioni criminali esterne, ciò non costituirebbe un omicidio, dacché il bambino – deducendo dal testo – non sarebbe considerato come persona integralmenteSe proprio volessimo essere precisi il bambino, stando al testo sopra riportato, non sarebbe proprio considerato come rientrante nella «natura umana», dato che la parola «omicidio» viene dal latino homicidium, che vuol dire «uccisione di uomo», e l’aborto non rientrerebbe nell'omicidio. 

Inutile negarlo, da ciò si evince che il tutto non è tanto per la ‘tutela’ della donna quanto per una volontà libertaria autodeterminante, che tenta sempre più di impossessarsi autoritariamente di ciò che più di tutto possiede solo come verità ricevuta e non causata da sé e per sé: la vita.

Nel caso in cui la donna avente nel suo grembo il feto assumesse farmaci a causa di una patologia e questi causassero il decesso del medesimo (aborto terapeutico), non ci sarebbe colpa poiché l’azione non sarà stata quella di uccidere il feto (aborto procurato o diretto), ma di curarsi, per cui non si tratterà di aborto diretto ma indiretto, e l’azione sarà stata lecita. Alle volte vi sono casi in cui le madri decidono di non curare se stesse per non causare nemmeno collateralmente la morte del figlio in grembo, ad esempio Gianna Beretta Molla (medico), che è divenuta santa per questo, ma anche Chiara Corbella Petrillo – certo, queste sono scelte e non sono imponibili. Inutile esprimere che per la Chiesa Cattolica l’aborto è peccato mortale per l’intrinsecità cattiva dell’atto e stabilisce che la vita è un dono di Dio. Basta leggere i primi versetti del primo capitolo del libro di Geremia. Tuttavia, anche volendo prescindere da ciò, non è possibile non guardare al pronunciamento della scienza empirica, quella sperimentale, come accennato sopra.

Inoltre, per chi ancora volesse sostenere il decidere del momento in cui, nel grembo materno, la creatura «divenga» persona umana, ciò viene smentito non solo dai dati antropologici, ma da quelli scientificamente empirici!

All'origine di un essere umano si trovano due cellule «specializzate», dedicate alla funzione generatrice: il gamete femminile (ovocito) ed il gamete maschile (spermatozoo). Circa 20 ore dopo il rapporto sessuale, la testa dello spermatozoo è penetrata nel plasma della cellula-uovo (singamia), al cui nucleo si sta avvicinando con decisione per fondere il proprio materiale genetico con quello della cellula-uovo. Questa fusione, della durata di 20 ore circa, porta alla costruzione di un nuovo sistema genetico con i suoi 46 cromosomi. Verificatasi la fusione, siamo in presenza di una cellula nuova, lo zigote. Questo nuovo essere non è la semplice somma dei codici genetici dei genitori. È un essere con un progetto e un programma nuovi, che non è mai esistito e non si ripeterà mai. Questo programma genetico (genoma) assolutamente originale individua il nuovo essere, che d’ora in poi si svilupperà secondo esso. Pertanto, ci si trova dinanzi ad una nuova identità che non è semplicemente una messa insieme del materiale genomico dei genitori. E questo è straordinario! Nel nuovo programma genetico sono determinate le caratteristiche del nuovo individuo, dall'altezza al colore degli occhi, fino al tipo di malattie ereditarie a cui andrà soggetto.  Inoltre, a 18-25 giorni dopo il concepimento il cuore della nuova creatura batte già; a 6 settimane vi è possibilità di misurare le frequenze delle sue onde cerebrali; a 8 settimane gli organi interni sono formati e inizia anche a percepire il dolore, il calore, la luce, i suoni. Prima dell’undicesima settimana gli organi vitali sono tutti formati.

Non a caso il ginecologo ateo e materialista Bernard Nathanson (1926 – 2011) divenne un grande sostenitore della vita a seguito della ecografia, che permetteva di riprendere l’aborto ‘in diretta’. Ciò fu determinante affinché Nathanson, nel 1984, diresse il documentario The Silent Scream (Il grido silenzioso), in cui viene mostrato un aborto ripreso mediante ecografia, durante il quale il feto sente un terribile dolore per ciò che gli stanno praticando Non solo, ma nel documentario vengono mostrati anche resti di feti abortiti (per dare un'occhiata, anche se alcune immagini sono abbastanza forti... ma vere: qui e qui) e di come si sentano le donne che hanno abortito, per aver ucciso il proprio figlio e non tanto per questioni di salute, dato che se queste ci fossero, andrebbero valutate attentamente e stabilire se rientrano nell'aborto diretto o in quello indiretto. Inoltre, le procedure per l’aborto entro il primo trimestre sono: l’aspirazione endouterina o la dilatazione del canale cervicale e raschiamento uterino. Dopo il primo trimestre, di solito, di utilizza la dilatazione cervicale e svuotamento dell’utero con pinza e anelli.

Ora, che si tratti dell’America settentrionale o dell’Italia, l’aborto resterà sempre, oggettivamente parlando, un vero omicidio: l’omicidio è la morte di una persona umana causata da un’altra persona umana; l’aborto (procurato) è morte di una persona umana causata da un’altra persona umana; dunque l’aborto è omicidio. Che in Italia sia illegale ma consentito in base ai punti dell’art.6 della legge 194, per il fine «tutelante» la salute della donna, non giustifica l’aborto stesso poiché esso è sempre espressione di morte di una persona umana, quale è il nascituro, ed è sempre omicidio.

Se in Italia vi sono due leggi contrarie (contro l’omicidio ma a favore dell’aborto e dunque a favore dell’omicidio), seppure quella dell’aborto con restrizioni ma non giustificanti l'intrinsecità cattiva, in America settentrionale, e in tal caso a New York, il problema viene drammaticamente risolto col fatto che non si dice omicidio nel caso del nascituro fino a quando resti ancora nel grembo materno. Questo implica di conseguenza che il nascituro non viene considerato come «persona». È appunto questo uno degli aspetti più evidenti.

Ciò che prevede la legge americana rispetto a quella italiana è un passo in avanti, ma negativo. Tante sono le manipolazioni in merito a questo atto omicida che superano enormemente i casi di vera tutela della donna, e penso che questo sia risaputo. Ma la tendenza, purtroppo, è sempre quella della autodeterminazione svincolata, la quale vuole prescindere a tutti i costi – ma a propria enorme rovina – dalla legge naturale, insita in ogni persona umana presente su questo pianeta, per il fatto stesso di essere «umano», per cui di natura ragionevole. Ciò che magari ci si potrebbe aspettare è che un domani neanche l’essere umano già nato sia considerato persona, ma un semplice essere vivente, un semplice mammifero o una semplice macchina biologica, a differenza della Chiesa, la quale ha sempre dichiarato e sempre dichiarerà la dignità infinita e unica di ciascuna persona umana, dall'inizio del concepimento fino alla morte, preferibilmente non per omicidio. È strano anche il fatto che lo stato di New York favorisca una sorta di pena di morte e la favorisca in questo modo a persone che assassini non sono poiché non ancora in grado di compiere un atto responsabile, o forse per l’unica responsabilità di trovarsi nel grembo materno. 

Ciò che sta alla base di questa critica (negativa) non è tanto il fatto che sia spuntato fuori l’aborto nello stato di New York con le evidenti dinamiche – anche in Italia è consentito l’aborto come riporta la legge n.194, seppure di per sé è illegale –, ma il fatto che in nome dell’aborto come tutela della persona della donna sia messa in grave pericolo la persona umana nella sua totalità, compresa la donna! Non ci sono solo le donne di oggi, ma anche quelle del futuro, ammesso che potranno nascere.

Che vi siano stati dei passi avanti è innegabile, ma verso il buio, in quanto se escludessimo la morte di un bambino/a non ancora nato/a come conseguenza di un atto compiuto da una persona umana esterna dalla categoria «omicidio», questo comporterebbe inevitabilmente che la creatura nel grembo materno non sia persona umana, ma un ente qualsiasi.

Per concludere, si giunge a due estremi: l’uomo come creatore o l’uomo come creatura. Che l’uomo sia creatore è cosa a dir poco assurda, per ciò che implica il significato della parola «creatore», nonostante se ne sentano tante: «abbiamo creato»; «è stato creato...»; «ho deciso di creare» ecc. L’uomo «realizza», ma non può «creare», al massimo può «procreare». Insomma, per come la si voglia portare avanti, l’uomo non si è dato l’essere da sé e di conseguenza la vita non può darsela da sé, ma può solo riceverla… e da un Creatore! Pertanto, l’uomo non può ergersi al posto del Creatore. Ne verrebbe fuori la rovina dell’uomo stesso dacché andrebbe contro se stesso, contro la sua natura «creata» e non «creatrice».

Certamente l’uomo è libero di disporre di sé, ma la libertà è propria delle creature razionali. Potrebbe anche ergersi al posto del Creatore, come già successo in passato. Ma non si incolpi Dio al verificarsi di tanti mali che saranno e che alcuni sono già. L’uomo è responsabile dei propri atti ed è sin dal principio chiamato ad essere non il padrone assoluto del creato, ma il custode (Cfr. Gen 2,15), e in tale custodia rientra anche e soprattutto quella della vita umana (Cfr. Gen 4,9).


Gabriele Cianfrani




Per approfondimenti:

- Barra Gianpaolo – Iannacone Antonio M. – Respinti M., Dizionario elementare di Apologetica, Istituto di Apologetica (IdA), Milano 2015;

 - Brambilla G. (a cura di), Riscoprire la Bioetica, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2020;

 - Carbone Giorgio M. O.P., L’embrione umano: qualcosa o qualcuno?, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 20145;

 - Giuseppe Garrone [a cura di], Contraccezione e aborto, prefazione di Mons. G. Zaccheo, Gribaudi, Milano 2004;

 - Giovanni Paolo II (San), Veritatis Splendor, Edizione Paoline, Milano 201513;

 - Lucas Lucas R., L’uomo: spirito incarnato, San Paolo, Milano 19935;

 - Paolo VI (San), Humanae Vitae, edizione Paoline (42a edizione), Milano 2016;

 - Puccetti R., L’uomo indesiderato: dalla pillola di Pincus alla RU 486, prefazione di C. Casini, presentazione di Di Pietro M.L., Società Editrice Fiorentina, Firenze 2008;

 - Rodriguez-Luño A., Scelti in Cristo per essere santi. III Morale speciale, EDUSC, Roma 20082.