Blog di informazioni e riflessioni su quanto concerne temi cristiani

domenica 22 novembre 2020

SOLENNITA' DI CRISTO RE DELL'UNIVERSO


 

Con la solennità di Cristo Re si chiude l’anno liturgico, per poi riaprirsi con la Domenica successiva, prima Domenica di Avvento.

Nel rito romano antico - la forma straordinaria del rito romano -, nel Messale promulgato da Papa Pio V nel 1570, tale solennità cade nell’ultimo giorno del mese di ottobre. Nella forma ordinaria del rito romano cade nell’ultima Domenica dell’anno liturgico.

La solennità di Cristo Re venne istituita da Papa Pio XI con l’enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925.



Un breve estratto della suddetta enciclica:

Da gran tempo si è usato comunemente di chiamare Cristo con l'appellativo di Re per il sommo grado di eccellenza, che ha in modo sovraeminente fra tutte le cose create. In tal modo, infatti, si dice che Egli regna nelle menti degli uomini non solo per l'altezza del suo pensiero e per la vastità della sua scienza, ma anche perché Egli è Verità ed è necessario che gli uomini attingano e ricevano con obbedienza da Lui la verità; similmente nelle volontà degli uomini, sia perché in Lui alla santità della volontà divina risponde la perfetta integrità e sottomissione della volontà umana, sia perché con le sue ispirazioni influisce sulla libera volontà nostra in modo da infiammarci verso le più nobili cose. Infine Cristo è riconosciuto Re dei cuori per quella sua carità che sorpassa ogni comprensione umana ( Supereminentem scientiae caritatem) e per le attrattive della sua mansuetudine e benignità: nessuno infatti degli uomini fu mai tanto amato e mai lo sarà in avvenire quanto Gesù Cristo.

Ma per entrare in argomento, tutti debbono riconoscere che è necessario rivendicare a Cristo Uomo nel vero senso della parola il nome e i poteri di Re; infatti soltanto in quanto è Uomo si può dire che abbia ricevuto dal Padre la potestà, l'onore e il regno, perché come Verbo di Dio, essendo della stessa sostanza del Padre, non può non avere in comune con il Padre ciò che è proprio della divinità, e per conseguenza Egli su tutte le cose create ha il sommo e assolutissimo impero.

[…] Che poi questo Regno sia principalmente spirituale e attinente alle cose spirituali, ce lo dimostrano i passi della sacra Bibbia sopra riferiti, e ce lo conferma Gesù Cristo stesso col suo modo di agire.

In varie occasioni, infatti, quando i Giudei e gli stessi Apostoli credevano per errore che il Messia avrebbe reso la libertà al popolo ed avrebbe ripristinato il regno di Israele, egli cercò di togliere e abbattere questa vana attesa e speranza; e così pure quando stava per essere proclamato Re dalla moltitudine che, presa di ammirazione, lo attorniava, Egli rifiutò questo titolo e questo onore, ritirandosi e nascondendosi nella solitudine; finalmente davanti al Preside romano annunciò che il suo Regno "non è di questo mondo".

Questo Regno nei Vangeli viene presentato in tal modo che gli uomini debbano prepararsi ad entrarvi per mezzo della penitenza, e non possano entrarvi se non per la fede e per il Battesimo, il quale benché sia un rito esterno, significa però e produce la rigenerazione interiore. Questo Regno è opposto unicamente al regno di Satana e alla "potestà delle tenebre", e richiede dai suoi sudditi non solo l'animo distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei costumi, la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se stessi e prendano la loro croce. Avendo Cristo come Redentore costituita con il suo sangue la Chiesa, e come Sacerdote offrendo se stesso in perpetuo quale ostia di propiziazione per i peccati degli uomini, chi non vede che la regale dignità di Lui riveste il carattere spirituale dell'uno e dell'altro ufficio?

***

Solo il Creatore è universalmente re, in quanto per concedere qualcosa, per affidare qualcosa a una persona occorre che prima se ne abbia possesso di tal cosa, poiché non è possibile dare ciò che non si ha. Tuttavia il Verbo eterno non può non avere in comune con il Padre ciò che è proprio della divinità, e per conseguenza ha il sommo e assoluto impero su tutte le cose create, visibili e invisibili, dacché tutto fu creato per mezzo di Lui (Cfr. Gv 1,3). Ma Dio non ha creato tutte le cose per accrescere la propria gloria, ma per manifestarla e per comunicarla (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 293). La «terra», ossia il mondo visibile, fu affidato all’uomo sin dalla creazione, il quale uomo fu creato maschio e femmina (Cfr. Gen 1,27). Non solo, ma Dio concesse all’uomo di governare la terra e di dominare su ogni essere della stessa terra (Cfr. Gen 1,28). Il «dominio» di cui parla il testo genesiaco non rimanda affatto ad una forma di tirannia, ma alla «custodia» (Cfr. Gen 2,15), e non è possibile custodire ciò di cui non si ha il dominio. La donna era già presente in Adam, successivamente fu «formata» (Cfr. Gen 2,22-23). È chiaro che in tal caso Dio partecipa l’uomo della Sua stessa regalità, per quanto possa esser partecipata alla creatura umana. Infatti, il salmista si esprime straordinariamente in merito a ciò: « ... che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato […]» (Sal 8,5-6). L’uomo è stato creato «a immagine di Dio», capace di conoscere e di amare il proprio Creatore, e  fu costituito da lui sopra tutte le creature terrene quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio (Conc. Vat. II, Gaudium et spes, n. 12).  Un punto da non trascurare: l’immagine perfetta di Dio è solo il Figlio (Cfr. Col 1,15), il Cristo, mentre l’uomo non è «immagine» di Dio, ma è «a immagine» di Dio – la preposizione «a» è fondamentale. Ciò rimanda al fatto che, essendo il Figlio l’immagine perfetta di Dio (Padre) e consustanziale, l’essere «a immagine» di Dio vuol dire che in ultima analisi l’immagine di Dio nell’uomo è secondo la Trinità delle persone divine, anche qualora si propendesse col fatto che l’uomo sia «a immagine» dell’immagine perfetta del Padre, ossia del Figlio, che è consustanziale (ὁμοούσιοςal Padre e allo Spirito Santo (Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 93, a. 5). Pertanto, Dio creò l’uomo nello stato di santità. Col separarsi da Dio l’uomo commise il primo peccato (originale), acconsentendo alle parole del serpente antico e consegnandosi a quest’ultimo. Non guardando più a Dio, l’uomo guardò a se stesso, preferendo la creatura al Creatore, preferendo così, inevitabilmente, anche il serpente. L’uomo aveva perso ciò che Dio gli aveva donato creandolo e non avrebbe mai potuto ripristinare da sé quanto occorreva ripristinare. Ciò avvenne per mezzo del Verbo incarnato, per mezzo del Verbo del quale è scritto: omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est (Gv 1,3), per mezzo della Parola di Dio che si fece carne nel grembo verginale e purissimo di Maria, per attuare la redenzione universale e meritarci la vita, riconciliando l'uomo con Dio. È interessante quanto il Doctor Angelicus riporta in un passo, ossia che la prima creazione fu fatta dalla potenza di Dio per mezzo del Verbo. Quindi anche la ricreazione doveva avvenire dalla potenza del Padre per mezzo del Verbo, per corrispondenza, secondo 2Cor 5,19: È stato Dio in Cristo a riconciliare a sé il mondo (Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III, q. 3, a. 8 ad 2). Col Battesimo la persona umana rinasce in Cristo. L’uomo non avrebbe mai potuto pagare quanto vi era da pagare, ma il Figlio dell’uomo sì e lo ha fatto sul legno della croce. Il Cristo, il Figlio eterno del Padre, è con Lui e con lo Spirito Santo «Re dell’universo».



Gabriele Cianfrani




domenica 1 novembre 2020

1° NOVEMBRE - SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI

 



La Solennità di tutti i Santi - ma proprio di tutti - esprime chiaramente l’invito a rispondere e corrispondere alla chiamata battesimale, ossia quella di giungere alla pienezza della vita cristiana, che è appunto la santità nella perfetta comunione con Dio.

Il Signore disse a Mosè di comunicare a tutta la comunità d'Israele le prescrizioni seguenti: «Siate santi, perché io sono santo, Io, il Signore vostro Dio [כִּ֣י קָד֔וֹשׁ אֲנִ֖י יְהוָ֥ה אֱלֹהֵיכֶֽם]» (Lv 19,1-2).[1]

Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito («vitae spiritualis ianua»), e la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo, siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione: «Baptismus est sacramentum regenerationis per aquam in verbo - Il Battesimo può definirsi il sacramento della rigenerazione cristiana mediante l’acqua e la parola» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1213).

Ma questo riguarda tutti, membri dell’ordine sacro, religiosi, laici!

Occorre chiarire che la parola «laico» non è sinonimo di agnostico o ateo o aconfessionale, come spesso si sente: la parola «laico» deriva dal greco «λαός» (laόs), che vuol dire «popolo», per cui si fa riferimento all’intero popolo. Perciò col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli a esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti Popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano (Conc. Vat. II, Lumen gentium, n. 31). Pertanto, non è bene che si guardi alla santità come qualcosa che riguarda esclusivamente una parte della Chiesa, ma tutta la Chiesa, nella quale rientrano anche i laici in quanto battezzati, per cui sono Chiesa. Non solo, ma i laici sono estremamente importanti ed è giusto che prendano atto della loro importanza nella vita della Chiesa: la vocazione alla santità affonda le sue radici nel Battesimo e viene riproposta dagli altri sacramenti, principalmente dall’Eucaristia: rivestiti di Gesù Cristo e abbeverati dal suo Spirito, i cristiani sono «santi» e sono, perciò, abilitati e impegnati a manifestare la santità del loro essere nella santità di tutto il loro operare (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, n. 16). La vocazione dei fedeli laici alla santità comporta che la vita secondo lo Spirito si esprima in modo peculiare nel loro inserimento nelle realtà temporali e nella loro partecipazione alle attività terrene (Ibid., n. 17).

È chiaro dunque a tutti che tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione, i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l’esempio di Lui e fattisi conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del Popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato, nella storia della Chiesa, dalla vita di tanti santi. (Conc. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 40).

Il cammino della perfezione passa attraverso la croce. Non c’è santità senza rinuncia e senza combattimento spirituale (CCC., n. 2015; Cf. 2Tm 4).

 Dunque è evidente che, dal momento del Battesimo, ognuno è chiamato a realizzarsi nella santità, nella propria vita, ma avendo l’attenzione nella oggettività di Dio e della Sua Chiesa. In fin dei conti, siamo il popolo in cammino: se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri (1Gv 1,7). Ma è bene ripetere «nella luce» e non camminare e basta, o addirittura nel buio. Ciò non è mai un fatto strettamente privato, il cammino di «fede» non è privato: professare con la bocca, a sua volta, indica che la fede implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. [...] La Chiesa nel giorno di Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. È il dono dello Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza, rendendola franca e coraggiosa (Benedetto XVI, Motu proprio, La porta della fede, n. 10). Evidente il fatto che l’esempio della santità perfetta sia la Madonna.

 In merito a tale solennità, è illuminante il sermone 20 (Beata gens - Beata la nazione) di San Tommaso d’Aquino, del quale seguiranno alcune parti. 

***

In primo luogo dico che Davide loda il collegio dei santi per la loro dignità: «Beata la nazione». La dignità di questo collegio si nota dal fatto che essi sono giunti là dove noi tendiamo. Inoltre essi possiedono ciò che noi desideriamo. E ancora, sono stati costituiti al di sopra di quanto noi possiamo conoscere […].

 

Tutta la dignità dei santi dipende da colui che li governa. È cosa molto miserevole, abietta e orribile che l'uomo assoggetti se stesso a qualcosa che è a lui inferiore o vile […]. La somma perfezione di una realtà è che risulti sottomessa a colui che la rende perfetta. La materia non è perfetta se non è sottomessa alla forma; e l'aria non è ornata e bella se non quando è sottomessa al sole; e l'anima non è perfetta se non è sottomessa a Dio. In ciò, dunque, consiste la nostra beatitudine: essere sottomessi a Dio.

Ora, uno potrebbe domandare come è la nostra sottomissione a Dio. Risposta: essa è reale, ma mediata, attraverso gli angeli, i prelati, i pedagoghi, i quali ci custodiscono in maniera che possiamo tutti pervenire alla beatitudine.

 

Ora fate attenzione: ci furono alcuni, e purtroppo ce ne sono ancora, i quali hanno sostenuto che la felicità e la beatitudine fossero nelle realtà terrene. […] ma questa opinione è falsa, poiché tutte le realtà terrene passano come l'ombra.

 

In quale modo il Signore è Dio «di questa nazione»? Rispondo che il Signore è loro Dio perché lo conoscono, lo possiedono e ne godono. (Tommaso d’Aquino, sermone 20).



[1] Nella visualizzazione mobile qualche parola ebraica potrebbe non risultare nell’ordine corretto, per cui si rimanda alla visualizzazione sul computer.



Gabriele Cianfrani




venerdì 30 ottobre 2020

HALLOWEEN - TRA STORIA, LEGGENDA, TRADIZIONI E CONTRADDIZIONI

ottobre 30, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , , , 4 comments



Si avvicina il 31 ottobre e la cosiddetta festa Halloween è ormai giunta. Spero che in questo periodo particolarmente difficile non si pensi davvero a tale festa, ma in ogni caso credo che qualche parola su Halloween sia giusto spenderla. 

Tante sono le informazioni in merito all’aspetto storico che richiamano l’origine della parola Halloween, la quale deriva da «All Hallows Eve» (Vigilia di tutti i Santi), che è in funzione della «Solennità di tutti i Santi» che fu istituita da Papa Bonifacio IV nel sec. VII e fissata il 13 maggio. Nell’anno 834 Papa Gregorio IV spostò tale solennità al 1° novembre. Col tempo ciò subì una vera storpiatura e si passò da «All Hallows Eve» ad «Halloween». Ma tale storpiatura rimandava sempre all’origine buona della festa. Il problema è che con la parola Halloween si considera ciò che in realtà non è proprio espresso dalla medesima, col risultato di un vero «calderone» – appunto – nel quale gettare di tutto e di più, sfociando nel macabro nel vero senso della parola e di conseguenza in un mondo dai risvolti alquanto oscuri. Quella del 31 ottobre è la notte della «preghiera», durante la quale si ricorda anche che col Battesimo ha avuto inizio la santità della e nella vita cristiana, non la notte in cui si spende per cose inutili, o peggio, dannose. Se soltanto quel leggendario personaggio che è Stingy Jack non avesse speso quello scellino. 

A seguire il testo di un articolo pubblicato sul blog di David Murgia (Il Segno di Giona) nel 2019, al quale ho ritenuto di apportare alcune modifiche.

Ogniqualvolta si giunge al 31 ottobre, pare ci si imbatta nuovamente nella cosiddetta festa di «Halloween», la quale ha preso largo spazio nella vita di molti, adulti e non, e continua a spandersi come macchia d'olio. Eppure l'origine di tale festa pare che presenti ancora dei dubbi, delle incertezze: è una festa buona oppure no? Nel caso si rispondesse propendendo per l'origine ‘buona’ di tale festa, ciò meriterebbe anche una spiegazione, come di una spiegazione meriterebbe la risposta qualora vertesse sulla origine ‘non buona’ di Halloween.

Una cosa è certa, ossia che ciò che oggi si festeggia non ha nulla a che vedere con l'origine del nome «Halloween», dacché esso deriva, seppure in maniera distorta da «All Hallows Eve», cioè «la Vigilia di tutti i Santi», e mi pare che durante questa ricorrenza, di santi, non se ne festeggi quasi nessuno, ma solo zucche... e anche vuote!

Premesso questo, passiamo a quella che risulta essere l'origine di Halloween e di come questa festa sia giunta con tale nome, in maniera totalmente distorta e confusionale sino ai nostri giorni. In ogni caso le informazioni che seguiranno non sono altro che il frutto di alcune ricerche.

Il 31 ottobre è una data importante non soltanto nella cultura celtica, ma anche nel satanismo (capodanno satanico), che adopera questa data; è anche uno dei quattro sabba delle streghe (riunione di streghe alla presenza del demonio, durante il quale avvengono riti di ogni tipo). Ma non buttiamola così, altrimenti si corre il rischio di mettere tutto nello stesso calderone - purtroppo oggi accade spesso e in vari ambiti. Tuttavia, per quanto riguarda il satanismo, bisogna riportare che vi sono precise ramificazioni e che esso prende ciò che è buono per scopi non buoni, in maniera dissacrante. Inoltre, è sempre cosa buona premettere che non si accusa tutta la cultura celtica in quanto tale – e ci mancherebbe! –, e questo vale per ogni cultura, ma soltanto quel particolare contesto in cui è stato intessuto il contenuto di «Halloween», che al giorno d'oggi risulta distante sia dalla cultura celtica sia da quella cristiana. Pertanto, procediamo con calma.

La «Solennità di Tutti i Santi» istituita nel settimo secolo da Papa Bonifacio IV, a ricordo dei martiri e inizialmente celebrata il 13 maggio, venne spostata al 1° novembre da Gregorio IV nell'anno 834, con l'esplicito intento di aiutare i fedeli a vivere cristianamente la commemorazione dei defunti, abbandonando gli usi pagani. Del resto molti popoli dell'Europa antica festeggiavano la successione delle stagioni mescolando la festa dei morti con quella dei vivi, ma la Chiesa Cattolica, in seguito, rimpiazzò tale festa pagana con quella di «Tutti i Santi».

E nasceva così All Hallows Eve, cioè la Vigilia di Tutti i Santi, celebrata nella notte del 31 ottobre. Le tradizioni popolari sopravvissute nella cattolica [celtica] Irlanda diedero origine alla festa di Halloween – storpiatura di [All] Hallows Eve – celebrata in parallelo alle festività cristiane.

 

Vediamo ora di ripercorrere, in maniera spero accurata, il sentiero leggendario-tradizionale-storico di Halloween, così come sembra emergere.

 

   - Aspetto LEGGENDARIO: secondo l'antica leggenda irlandese, vi era un tizio di nome Stingy Jack alquanto malvagio, avàro e perverso, che durante la notte d'ognissanti, dopo l'ennesima bevuta venne colto da un attacco mortale. In seguito a questo attacco, Jack muore, ma con l'impossibilità di entrare in Paradiso e anche nell'Inferno, a causa di un patto con il diavolo, il quale prevedeva l'offerta della sua anima in cambio di uno scellino, che pose accanto ad un crocifisso al momento dell'offerta e per questo il diavolo fu impossibilitato di prendere l'anima di egli. Al verificarsi della sua morte, una volta che il diavolo lo colpì al volto con un tizzone ardente, si ritrovò come un fantasma vagante nel mondo dei vivi con una rapa e della brace fiammante al suo interno, che utilizzava come lanterna e come significato della sua dannazione eterna.

 

   - Aspetto TRADIZIONALE: secondo la tradizione, gli irlandesi, colpiti dalla carestia emigrarono in America intorno all’anno 1850. Nella nuova terra trovarono una gran quantità di zucche, le quali erano molto più grandi delle rape e facilmente intagliabili. In tal modo le zucche sostituirono le rape e divennero le «Jack O’Lantern». Queste specie di lanterne venivano utilizzate nella notte d’ognissanti perché si pensava di tenere lontani gli spiriti inquieti dei morti che tentavano, come Jack, di tornare a casa.

 

   - Aspetto STORICO: secondo quel che pare sia l’origine storica, ciò risale ad una sètta appartenente alla cultura celtica – pare fosse proprio quella dei Druidi, ossia la casta sacerdotale presso i Celti –, o che aveva sotto il suo impero il mondo celtico. In ogni caso sempre nella realtà celtica ci troviamo, nonostante al fatto che oltre ai Druidi vi fossero anche i Bardi e i Vati. Nel giorno del 31 ottobre la sètta si riuniva per invocazioni e sacrifici, che per alcuni sarebbero stati in onore del dio della morte «Samhain», visto come una vera e propria personificazione, mentre per altri sarebbero stati dei sacrifici svolti durante il capodanno celtico conosciuto appunto con il nome «samhain» (= riunione o per alcuni fine dell'estate), che cadeva nella notte tra il 31 ottobre e il 1°novembre e che segnava il passaggio dall’estate all’inverno. Durante tale passaggio il mondo dei vivi entrava in forte contatto con il mondo dei morti, o meglio, il mondo dei morti entrava in contatto con quello dei vivi. Infatti, il ciclo festivo dei Celti prevedeva quattro feste: Samhain (cadeva il 1° novembre), Beltane (cadeva il 1° maggio), Lugnasad (cadeva il 1° agosto) e Imbloc (cadeva il 1° febbraio). Tuttavia, è bene precisare che presso i Celti si praticavano anche sacrifici umani (basta considerare ciò che è stato scritto sulla divinità Teutates o Toutatis), come si può capire da vari testi di storia delle religioni. Questo rimanda ad una precisa concezione religiosa, che coinvolge qualche altra religione e che andrebbe affrontata con strumenti adeguati, senza cadere nelle agitazioni più varie. 

Vediamo cosa è possibile ricavare da alcune posizioni sul tema, ancora discusso, ma con alcune certezze di fondo.

Durante la festa di samhain, secondo alcune osservazioni, era solito da parte di questa sètta andare in giro, casa per casa, a chiedere due cose: sacrificio o maledizione? Secondo altre osservazioni, mischiando anche l’aspetto leggendario, si trattava proprio dello spirito di Jack che chiedeva questo. Altri osservazioni ancora riportano che ciò era dovuto per placare gli spiriti. Insomma, le versioni cambiano, ma il fondo è comune: offrire per ottenere in cambio qualcosa. Non sarebbe male indagare ulteriormente.

In poche parole, se le persone alle quali veniva chiesto ciò rispondevano con l’offrire il «sacrificio», se ne uscivano da ogni tipo di problema; diversamente se rispondevano negando di offrire, di concedere il sacrificio, avrebbero subìto una «maledizione». Da questa dinamica deriverebbe il famoso «trick or treat», che letteralmente significa «trucco o divertimento», «stratagemma o piacere (godimento)». In maniera abbastanza occulta si è voluto mascherare l’origine del «trick or treat», dato che si trova in quella di «sacrificio o maledizione» … E il cosiddetto ridicolo «dolcetto o scherzetto» non ha nulla a che fare con la traduzione del «trick or treat», se non nella misura in cui si considera come ulteriore occultamento di ciò che dietro si nasconde.

La Chiesa Cattolica con Gregorio IV a capo, santamente spostò la Vigilia di Tutti i Santi dal 13 maggio al 1° novembre, con l’intento di fare in modo che i fedeli potessero autenticamente e veramente celebrare tale festa che cadeva e cade nella notte del 31 ottobre, da fare in modo che si potessero abbandonare certi comportamenti che tante volte sfociavano in una vera dinamica oscura. Ciò ha delle motivazioni ben precise.

Inoltre, cosa molto importante per non cadere nel fraintendimento, il «sacrificio» in sé rientra nella sfera cultuale e non è di per sé qualcosa di cattivo, anzi, è un elemento religioso. Basti pensare a ciò che nella cristianità è decisivo, ossia il «sacrificio di Cristo» sulla croce. Di per sé la parola «sacrificio» vuol dire azione sacrafare sacro e rimanda sempre all’offerta cultuale, momento estremamente elevato. Ma il sacrificio cruento di Cristo sulla croce e quello incruento che si celebra durante la santa Messa non è minimamente accostabile ad una realtà come quella espressa sopra, per alcuni motivi precisi che richiederebbero ampio spazio. Neanche i sacrifici nell’ambito cultuale dell’Antico Testamento sono accostabili a simile realtà.

 

Esposti i punti «leggendario, tradizionale e storico», possiamo pervenire alle conclusioni.

 

Intanto il termine Halloween appare essere una vera e propria storpiatura dell’originale «All Hallows Eve», da cui si discosta totalmente; inoltre, il contenuto di tale festa, quella di Halloween sorta appunto come successiva storpiatura, è da ricercarsi nella magia, sfociante in ultimo nel satanismo. Non si sta affermando che sia questa l’origine di Halloween, come molte volte si riscontra in alcune accuse, ma semplicemente che queste altre dinamiche sono sorte in seguito alla storpiatura. Certe cose necessitano sempre di ulteriori precisazioni.

Che i bambini o ragazzini vadano in giro travestiti da esseri spaventosi chiedendo «dolcetto o scherzetto?», non fanno altro che ripetere l’intenzione della frase «sacrificio o maledizione?», inconsapevolmente ma lo fanno. Per cui i ragazzini non fanno altro che ripetere ignorantemente, inconsapevolmente, tale intenzione. Senza contare che i costumi di Halloween rimandano proprio al tema della morte (scheletri, zombie ecc.). Certo, pensare alla morte è importante, ma non in questo modo. Anzi, forse si cerca proprio di 'esorcizzare' la morte accostandosi ad essa in maniera, per così dire, rischiosa. Purtroppo nel mondo di oggi il tema riguardante la morte è quasi scomparso del tutto, o peggio, affrontato in modo tale come se la morte stessa fosse una sorta di annichilimento totale, avente le stesse proprietà di un principio. Questa è una contraddizione bella e buona, ma al contempo fa capire che vi è una esigenza, più o meno esplicita da parte dell'uomo contemporaneo, di affrontare i cosiddetti novissimi, ormai quasi del tutto scomparsi dall'orizzonte omiletico. 

Occorre che gli adulti si informino in maniera vera e non dietro alla purtroppo – almeno in tanti casi – falsa TV! 

Partecipare a festini o incontri notturni durante la notte del 31 ottobre, non per festeggiare la «Vigilia di Tutti i Santi» in preghiera, ma per prendere parte alla festa di Halloween, è un modo per rievocare i festeggiamenti presi in prestito da quella sètta celtica in onore del dio della Morte «Samhain», qualora si consideri Samhain come una sorta di divinità celtica personale, e su questo, per la verità, pare si discuta ancora. Ma anche se così non fosse e si considerasse «samhain» come il semplice passaggio dall’estate all’inverno, una delle quattro festività, comunque finiremmo sempre in una sorta di realtà spiritista, dal momento che tale festa riguardava il contatto con i morti. Si ricorda che l'odierna festa di Halloween, per alcune ragioni, risulta distante anche dalla cultura celtica. Ma anche se non fosse così, tralasciando tutto ciò come se non vi fossero certezze, quella smania di contatto con ciò che si trova al di là, assecondata in maniera così appariscente, non può passare inosservata o come se fosse insignificante. Questo è il punto. Il tutto ha come fine quella sorta di contatto con una realtà che, in ogni caso, oltrepassa la sfera materiale. Il problema risiede nel «contatto» e nel «modo del contatto»: non si tratta di Dio, dato che con Dio non ci si mette in contatto in quel modo, ovviamente, e neppure riguarda il genuino rapporto con i defunti. Ad oggi, con tutto ciò che è derivato da questa realtà, si può concludere che non è possibile servire due padroni (cfr. Lc 16,13).

È giusto che si sappia che durante la notte di Halloween il mondo occulto, che include la magia e il satanismo, opera ininterrottamente a favore di una realtà alquanto oscura. A titolo d’informazione, il famoso simbolo della pace è tutt’altro che di pace, essendo di origine magica. In poche parole, le cosiddette feste di Halloween, che si accetti oppure no, non sono altro che rievocazioni storiche, con travestimenti, di quella della sètta celtica in onore di una realtà che sconfina totalmente da quella autenticamente cristiana, e in più vi è la sovrapposizione di altre realtà, legate al mondo dell’occulto, che non sono affatto buone. Inoltre, se aggiungiamo anche la leggenda del famoso Jack, notiamo che trova grande riscontro in questa ricorrenza magica, nell’esprimere che ogni cosa è dovuta soprattutto attraverso «patti» stipulati inconsapevolmente con il maligno. 

Non prendiamocela con Dio se alla fine di tutto si cade nel male, nelle sventure! Dio ha dotato l’essere umano di ragione e lo stimola ogni giorno ad approfondire ogni sorta di verità che altro non è che un raggio di luce della sola ed unica Verità: Gesù Cristo. Dio vuole che gli uomini abbiano la «zucca» piena e non vuota, altrimenti il popolo sarà destinato a perire per mancanza di conoscenza (Os 4,6).

Per concludere, il cristiano deve ritornare all’autentica «Vigilia di Tutti i Santi» e non ad «Halloween», o meglio, a quell’Halloween secondo la vera origine di tale festa cristiana e senza la storpiatura, senza tale distorsione.

D’altra parte vi è anche uno spreco enorme di cibo… Tante zucche buttate per commettere il male – e lo si commette con conseguenze che prima o poi appariranno visibili – quando poi ci si lamenta della fame nel mondo… Ma è una presa in giro? Utilizziamo queste zucche per una bella zuppa calda o per un arrosto di zucca, che tra l’altro è anche buono, e magari con una goccia di aceto balsamico. 

Mi rivolgo ai cristiani: ritorniamo a Dio, al Dio della Rivelazione (Scrittura e Tradizione). Non vi è altro nome se non quello di Gesù Cristo presso il quale trovare il senso della vita e la salvezza, per mezzo della Beata Vergine Maria.




venerdì 2 ottobre 2020

2 OTTOBRE - SANTI ANGELI CUSTODI

ottobre 02, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , , , , No comments

 « Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, dà ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l'avversario dei tuoi avversari » (Es 23, 20-22).


Questo mirabile passo biblico, come altri dai quali emerge chiaramente una figura angelica chiamata ad essere custode di un'anima (Mt 18,10; At 12,7-11; Sal 91,11-13; Gb 33,23-24 ed altri... oltre al Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 336), attesta la verità dell'angelo custode. Una verità espressa in maniera evidentissima da tanti santi di tempi recenti e remoti: san Pio da Pietrelcina, santa Gemma Galgani, santa Caterina da Siena, santa Francesca Romana, beata Angela da Foligno e tanti altri. La figura dell'angelo custode oggi pare che si sia persa di vista, che sia stata oscurata e/o dimenticata. Eppure l'angelo custode è quella figura angelica celeste che più di tutte è accanto ad ognuno di noi, in quanto ogni persona ne ha uno particolarmente. Il compito dell'angelo custode, del «proprio» angelo custode, è di estrema importanza, come chiaramente esprime il passo dell'Esodo sopra riportato. La figura del custode è certamente di carattere dolce, piena di consolazione, ma è anche giusta, pronta ad entrare in azione allorché ci si allontana dal sentiero di Dio.

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In qualsiasi casa, in qualsiasi condizione voi siate, rispettate il vostro buon Angelo, poiché egli è là presente; è vicinissimo a voi; non solamente è con voi, ma è là per voi, egli cerca di proteggervi e di esservi utile. Con un Angelo vicino a voi, che potreste temere? Il vostro Angelo non può lasciarsi vincere né imbrogliare; egli è fedele, è prudente, è potente: perché dunque avere paura? Se qualcuno avesse la gioia di veder cadere il velo che copre i suoi occhi, egli vedrebbe con quale attenzione, con quale sollecitudine gli Angeli stanno in mezzo a quelli che pregano, dentro di quelli che meditano, sul letto di quelli che riposano, sulla testa di quelli che governano e che comandano (San Bernardo di Chiaravalle, 1090-1153).

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Ovviamente non è possibile accorgersi del proprio custode nel trambusto, nel caos odierno, se non ci si ferma neanche per un minuto ad una sorta di riflessione, di raccoglimento, di meditazione con lui e, di conseguenza, con Dio. Ma ciò non corrisponde affatto a quelle pratiche, che oggi sono diffuse, di connessione con il mondo spirituale attraverso persone che prendono il nome di medium o canalizzatore, o con precisi rituali e formule che dilagano evidentemente. Ciò è completamente estraneo al corretto approccio con l’angelo custode, oltre ad essere estraneo alla fede cristiana. È la preghiera, come la Scrittura e la Chiesa insegnano, a far sì che ci si possa disporre a questo. Troppi pensieri errati portano oggi alla negazione degli angeli custodi, come ad esempio il pensiero della corrente New Age, che avanza con le sue concezioni di "energia", alquanto vaga, oppure il pensiero che si tratti di una storiella che si raccontava ai bambini ma nulla di più ed altri pensieri errati ed erranti. Ma la Scrittura, le vite dei santi, attestano in maniera incontrovertibile che gli angeli custodi esistono - altroché! - e non sono affatto delle energie, ma esseri spirituali assolutamente personali, ossia che hanno una personalità. Non è possibile pensare all'angelo custode o agli angeli in particolare come se fossero delle realtà impersonali. Se tali fossero non avrebbero alcuna rilevanza, men che mai per la custodia dell’uomo.

Illuminante quanto scritto da san Tommaso d'Aquino, infatti, brevemente: Girolamo, commentando il passo di Mt 18 [10]: I loro Angeli in cielo…, scrive: « È  tanto grande la dignità delle anime che ciascuna di esse ha, fin dalla nascita, un angelo deputato alla sua custodia ». A ciascun uomo è assegnato un particolare angelo custode. E la ragione sta nel fatto che la custodia degli angeli rientra nell'esecuzione della provvidenza divina rispetto all'uomo. Ora, la provvidenza di Dio si comporta in modo diverso riguardo all'uomo e riguardo alle altre creature corruttibili, essendo diverso il rapporto di queste creature con l'incorruttibilità. Gli uomini infatti sono incorruttibili non solo nella loro comune forma specifica, ma anche nelle loro forme individuali, che sono le anime razionali: il che non può essere affermato degli altri esseri corruttibili. Ora, è evidente che la provvidenza di Dio ha di mira principalmente gli esseri che sempre esisteranno, mentre cura gli esseri perituri in ordine al bene di quelli eterni. Quindi la provvidenza di Dio si comporta nei riguardi di ogni singolo uomo come si comporta nei riguardi di ogni singolo genere o di ogni singola specie degli esseri corruttibili. Ma al dire di S. Gregorio [In Evang. hom. 34], ai diversi generi delle cose vengono deputati diversi ordini di angeli: le Potestà, p. es., a tenere a freno i demòni, le Virtù a operare miracoli nel mondo dei corpi. È inoltre probabile che alle diverse specie delle cose vengano preposti angeli diversi di un medesimo ordine. Quindi è ragionevole pensare che anche per i diversi uomini vengano deputati come custodi angeli diversi. (S.Th., I, q.113, a.2). Finché vive in questo mondo l'uomo si trova come su una strada che deve condurlo alla patria. Ma lungo tale strada molti pericoli incombono su di lui, sia dall'interno che dall'esterno, come dice il Salmista [141, 4]: «Nel sentiero dove cammino mi hanno teso un laccio». Quindi, come si dà una scorta alle persone che devono transitare per strade malsicure, così si dà un angelo custode a ogni uomo, finché dura il suo stato di viatore. Quando invece sarà giunto al termine della strada, allora l'uomo non avrà più un angelo custode, ma avrà in cielo un angelo conregnante, o nell'inferno un demonio tormentatore. (S.Th., I, q.113, a.4). […] i benefici largiti da Dio all'uomo in quanto cristiano hanno inizio dal momento del battesimo, p. es. la ricezione dell‘Eucaristia e altre cose del genere. Invece le cose che Dio nella sua provvidenza concede all'uomo in quanto ha un'anima razionale gli vengono concesse fin dal momento in cui, con la nascita, egli entra in possesso di tale natura. Ora, la custodia degli angeli è un beneficio di questo genere, come risulta chiaro dalle cose dette sopra [aa. 1, 4]. Quindi l'uomo ha un angelo deputato alla sua custodia dal momento della nascita. (S.Th., I, q.113, a.5).


Tanti santi, tra cui notevolmente Padre Pio (tra i più grandi dell'umanità), invitavano a rivolgersi al proprio angelo custode, a pregarlo, a dialogarci senza esitazione e ad ascoltare i suoi celesti consigli, a patto che ci si disponga in maniera adeguata... altrimenti non si sente neanche una mosca. A cosa servono i grandi santi «straordinari» che conosciamo, se poi non seguiamo i loro consigli? Ma se seguiamo i loro consigli, per quale motivo non dovremmo seguire quello riguardo l'angelo custode?



Gabriele Cianfrani

martedì 29 settembre 2020

29 SETTEMBRE - FESTA DEI SANTI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE, RAFFAELE

settembre 29, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , , , , No comments


 

Risuona con importanza tale giorno in cui si ricordano i santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Notevoli e ricchi di significato sono i passi biblici che li vedono coinvolti come agenti per l'uomo. Li vediamo principalmente in tre momenti ben precisi, ognuno riguardante uno dei tre:

 

- San Michele nel libro dell'Apocalisse, quando egli con la sua schiera angelica vince Satana e i suoi angeli e lo precipita sulla terra (Ap 12,7-9);

- San Gabriele nel Vangelo di Luca, quando annuncia a Maria che in lei si sarebbe incarnato il Figlio eterno di Dio, il Verbo Eterno, la Seconda Persona della Santissima Trinità (Lc 1,26-38);

- San Raffaele nel libro di Tobia, quando accompagna il giovane Tobia, figlio di Tobi, a prendere con sé in moglie Sara, liberandola dai tormenti del demonio Asmodeo (Tb 8,1-3; 12,15-20).

 

Questi, seppure siano i momenti che più balzano alla mente all'udire i nomi dei santi Arcangeli in questione, tuttavia non sono i soli momenti in cui loro sono presenti. Ad esempio san Michele compare anche in Giosuè 5,13-15; in Daniele 12,1; in Zaccaria 3,1-5; nella Lettera di Giuda 9 e in altri passi. San Gabriele lo troviamo anche in Daniele 8,15-26; 9,21-27; nel Vangelo di Luca quando annunzia a Zaccaria la nascita di Giovanni il Battista (Lc 1,11-20). San Raffaele è ricordato, anche se in maniera più implicita – e ciò è ancora sotto studio –, nel Vangelo di Giovanni, dove è scritto che un angelo scendeva ad intervalli nella piscina di Betsada ad agitare le acque, la persona che per prima vi entrava dopo l'agitazione veniva guarita da qualunque malattia fosse affetta (cf. Gv 5,3-4). È dunque chiara l'importanza dei santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele nella Scrittura, ma anche nella vita quotidiana di ognuno, poiché la Bibbia è Parola di Dio e parlerà sempre a tutti gli uomini, indipendentemente dal tempo, dalle mode, dai costumi. Nella Scrittura tutto è compiuto. I significati dei nomi degli Arcangeli è straordinario e mostra evidentemente quale sia l'importanza del «nome» in generale. In tal caso, i nomi in questione sono definiti «teoforici» (teoforico dal greco significa portatore di deità), in quanto contengono la realtà di Dio, la quale è data dall'ultima parola del nome, ossia «El», che in ebraico è la radice con cui indicare Dio (dall'ebraico El Elyon = «Dio Altissimo»; «El Shaddai» = «Dio Onnipotente»). Ma vi sono altri nomi del genere, che fanno riferimento alla radice «El»: Rachele, Daniele, Gioele, Ezechiele, Emmanuele… Ma vediamo i nomi dei santi Arcangeli dei quali oggi si fa ricordo:

 

Michele: dall'ebraico Mîkhā'ēl (Quis ut Deus!) = Chi è come Dio!; 

Gabriele: dall'ebraico Gavri'el = Forza di Dio; potenza di Dio; la mia forza è Dio; 

Raffaele: dall'ebraico Rāfāʾēl = È Dio colui che guarisce; Cura di Dio; Dio guarisce.

 

Particolarmente interessante è la gerarchia angelica di un grande autore, ossia lo Pseudo-Dionigi Areopagita (V o VI secolo d.C.), il quale si rifà sempre ai diversi ordini angelici presenti nella Scrittura, e che nella sua opera De coelesti hierarchia, la riporta con nove cori divisi in tre gruppi, strutturata come segue:

 

1. Serafini, Cherubuni e Troni;

2. Dominazioni, Virtù e Potestà;

3. Principati, Arcangeli e Angeli (gli angeli custodi).

 

Chiaramente gli angeli in generale sono creature, per cui vi è sempre una differenza ontologica infinita con Dio, con il Creatore.

È ulteriormente importante ricordare che i nomi degli Arcangeli che compaiono nella Bibbia sono solo quelli di «Michele, Gabriele e Raffaele». Non vi sono altri nomi, seppure sappiamo che vi sono sette Arcangeli e non solo tre. Ma il fatto è che solo di questi tre conosciamo il nome, degli altri no. In merito a questo è stata approvata ed è molto bella la «Corona angelica a San Michele (e ai Nove Cori angelici)», ma si raccomanda di evitare l'altra corona, quella che porta il nome di «Corona ai sette Arcangeli», la quale inserisce i nomi che apparterrebbero ai restanti quattro Arcangeli, ossia i nomi di Uriele, Geudiele, Sealtiele e Barachiele. Questi nomi non compaiono nella Bibbia e pertanto, nel Sinodo di Roma del 745, Papa Zaccaria ne proibì l'invocazione dei restanti quattro con i loro presunti nomi - precisamente, secondo esperti della materia, i nomi sono Uriel, Raguel, Tofoas, Sabaoth e Simiel. Questo non significa tagliarli fuori, ma soltanto pregarli senza pronunciare i nomi. Nel Concilio di Aquisgrana del 798 verrà proibito severamente l'invocazione dell'Arcangelo che porterebbe il nome di Uriele. A conclusione di ciò, dobbiamo pregare i tre Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele con i rispettivi nomi poiché compaiono nella Scrittura, e pregare anche gli altri quattro Arcangeli, ma senza pronunciare i 'presunti' nomi.



Gabriele Cianfrani