È possibile discutere in merito a ciò che non
esisterebbe se mancasse il fondamento, escludendo «di proposito» il fondamento? Eppure pare proprio che tante volte si voglia escludere il fondamento. Quale fondamento?
Quello dell’atto primo: ciò che fa sì che una cosa sia e che sia tale
cosa e non altra. Si tratta della forma sostanziale, la quale è ciò che
apporta vita, specifica la cosa e media l’atto d’essere (actus essendi), che fondamenta anche la forma sostanziale. In ultimo,
l’atto d’essere è conferito da Colui che è il Suo stesso Essere (Ipsum Esse
subsistens), ossia Dio. Dunque l’atto primo gode di una importanza
notevole! In merito al discorso circa l’atto primo e la vita in
generale, ma soprattutto in merito a quella umana, è possibile cliccare qui.
Blog di informazioni e riflessioni su quanto concerne temi cristiani
lunedì 29 marzo 2021
mercoledì 24 marzo 2021
LA TRAGICA SCELTA: PADRE - MADRE O GENITORE 1 - GENITORE 2?
Pare sia tornata
nuovamente in campo la proposta di apporre sul documento d’identità, per i
ragazzi e ragazze al di sotto di 14 anni, la dicitura «genitore 1» e «genitore
2». Se spetti al padre o alla madre essere genitore 1 o genitore 2
è una decisione alquanto ardua… Ma se si decidesse per una sorta di
equivalenza, tanto vale che resti la dicitura tradizionale, senza porsi aporie
circa la «privacy», che potrebbe esser considerata come una aporia camuffata.
Proviamo una riflessione.
Nelle Litaniae
Lauretanae beatae Mariae Virginis, in merito a Maria «Madre di Dio»,
troviamo il latino «Sancta Dei génetrix». Ciò gode di una certa
importanza, in quanto vuol dire «genitrice», al femminile. Ma a questo punto
non sarebbe neanche pensabile il fatto di sostituire la dicitura genitore
1/genitore 2 con genitore/genitrice, per il semplice motivo che chi vuole
apportare tale modifica – senza fare nomi, tanto per molti è chiaro – rientra
sempre tra coloro che si battono per le «discriminazioni», con lo scopo di
ottenere una sorta di egualitarismo assoluto. Pertanto, anche questa volta,
pare che il problema della «privacy» rimandi ad una impostazione antropologica
ben precisa. E in ciò consiste la contraddizione, dato che si recherebbe più
discriminazione di quel che non si pensa!
Genitore e genitrice, di per sé, hanno a che fare con
la «generazione», con il generare – da γενναω (genero, produco) –,
per cui ci troviamo nella vera «complementarietà». Se mancasse questo punto si
rischierebbe di incorrere in quella autonoma forza di affermazione non esente
da egoismo.[1]
La prima comunione è quella che si instaura e si sviluppa tra i coniugi: in
forza del patto d’amore coniugale, l’uomo e la donna «non sono più due, ma una
carne sola» (Mt 19,6; cfr. Gen 2,24) e sono chiamati a crescere
continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla
promessa matrimoniale del reciproco dono totale. Questa comunione coniugale
affonda le sue radici nella naturale complementarietà che esiste tra l’uomo e
la donna, e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi di
condividere l’intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò
tale comunione è il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana.[2]
Per
tal motivo, che poi risulta intrinsecamente umano, difficilmente si può essere
indotti a credere che la dicitura genitore 1 e genitore 2 sia
richiesta solo per motivi di privacy. Ciò che traspare è il mettere in
discussione la complementarietà tra i genitori. Ma tale complementarietà, che
possa piacere o meno, la si riscontra già sul piano biologico, su quello
sessuale, ma non solo. Interessante il fatto che la parola «sesso», secondo
alcune ricerche, abbia a che fare con il greco τίκτω (partorisco, genero) e che
«figlio» si dica anche – in tal caso – τέκνον, ma anche in altri modi con
sfumature importanti. Ma nonostante l’etimologia esatta sia ancora sotto
ricerca, la parola «sesso» deriverebbe anche dal latino secare
(dividere). In ogni caso, lasciando ampio spazio per discussioni, pare che si
ponga sempre in evidenza la «complementarietà». Dunque non si vede il motivo
per cui ciò che rientra nella essenza di una persona umana – nella sua φύσις
(natura) – sia problematico per la privacy, in virtù della quale occorre porre
rimedio.[3] Se ciò risultasse un
problema, allora il discorso interesserebbe la persona umana nella sua
interezza, per cui l’attenzione verterebbe sul piano antropologico. Se così
fosse il pensiero sarebbe molto più radicale di quello della «privacy».
Pertanto, per concludere – non definitivamente, poiché la questione merita di
essere ripresa –, pare proprio che questa complementarietà, che si
riscontra concretamente nei genitori, per cui nella famiglia, sia uno dei
bersagli della nuova dicitura. Il bersaglio principale pare che sia l’identità
stessa della persona, con le sue differenze essenziali, all’insegna di una
sorta di egualitarismo assoluto. C’è da chiedersi: è possibile realizzare un
puzzle eliminando le differenze di ogni pezzo?
Gabriele Cianfrani
[1] Cfr. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 6.
[2] Ibid., n. 19.
[3] Dal punto di vista metafisico, la
differenza sessuale rientra nella categoria degli «accidenti», ma sono
«inseparabili». Vi sono accidenti «propri», ossia dai princìpi della specie,
per cui dipendono dalla forma (sostanziale): il nitrito del cavallo non
è il cavallo, ma promana dalla sua natura, che si fondamenta nella sua forma
sostanziale; vi sono accidenti «inseparabili», ossia dai princìpi
dell’individuo e hanno causa permanente nell’individuo: un cavallo è tale per
la forma, ma è maschio o femmina a causa dell’accidente inseparabile che
rientra nei princìpi dell’individuo; poi vi sono accidenti «separabili», con
causa esterna. Dunque la sessualità non rientra nella separabilità
dall’individuo (Cfr. C. Ferraro, Appunti
di metafisica. Un percorso speculativo, pedagogico e tomistico, Lateran
University Press, Roma 20182, pp. 331-332). Tali accidenti
«inseparabili» hanno la causa permanente nel soggetto – habent causam
permanentem in subiecto, et haec sunt accidentia inseparabilia, sicut
masculinum et feminum et alia huiusmodi (Tommaso
d’Aquino, QD anima, a. 12 ad 7um).