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giovedì 31 agosto 2023

RECENSIONE DEL LIBRO "L'ADESIONE DIABOLICA. UNA SFIDA ANTICA FRA DANNAZIONE E SALVEZZA" DEL PROF. ALBERTO CASTALDINI


 

Alberto Castaldini, L’adesione diabolica. Una sfida antica fra dannazione e salvezza, Sugarco Edizioni, Milano 2023

Recensione a cura di Gabriele Cianfrani

 

Il libro che ho il piacere di recensire, dedicato al grande esorcista e Servo di Dio P. Candido Amantini (1914-1992), è “L’adesione diabolica. Una sfida antica fra dannazione e salvezza” del Prof. Alberto Castaldini[1], che conosco personalmente e al quale va la mia stima e la mia gratitudine per un lavoro come questo. Sì, perché il Prof. Castaldini pone in luce alcuni aspetti antropologici – e non solo – di grande importanza, chiamati in causa a fronteggiare quell’azione diabolica nei confronti della quale, purtroppo ma molto spesso, si finisce per assecondarla, o meglio, per «aderirvi». Questo aspetto risulta centrale e lo si capisce già dal primo capitolo: La libertà spezzata. È proprio dalla libertà, che viene talmente piegata da «spezzarsi», che tutto ha inizio.

È importante, soprattutto per lo smarrimento odierno su temi come quello trattato dal Prof. Castaldini, dato che quando si parla del Maligno il riferimento non è ad una realtà impersonale, ma certamente personale, dal momento che il Maligno è un angelo caduto e come tutti gli angeli (buoni e cattivi) è una «persona»: omne subsistens in natura rationali vel intellectuali est persona (Tommaso d’Aquino, Summa contra Gentiles, IV, c. 35). Ciò emerge chiaramente sia dalla prefazione di don Silvio Zonin (esorcista della diocesi di Verona) sia dall’introduzione dell’Autore.

Ora, la libertà dell’uomo, che come facoltà spirituale rientra nella sua costituzione ontologica, conobbe il primo ostacolo con i progenitori Adamo ed Eva. Senza svolgere particolari approfondimenti, è possibile notare che alla domanda del serpente (cfr. Gen 3,1) la donna risponde inserendo il «non toccare» (cfr. Gen 3,3), ossia inserisce del suo al divieto divino, acconsentendo al serpente, per poi ritrovarsi con la libertà piegata, o meglio, spezzata. Tale stato poteva essere sanato soltanto dal rinnovamento della creazione in Cristo, come risulta dall’epilogo del libro (Per una creazione rinnovata in Cristo), che concede la partecipazione alla natura divina (cfr. 2Pt 1,4) per mezzo della gratia gratum faciens conferita sacramentalmente, a partire dal sacramento del Battesimo (cfr. Gal 3,27).

Passando in rassegna alcuni punti, il Prof. Castaldini pone in evidenza il fatto che l’«adesione» diabolica, per essere tale, non può non coinvolgere l’intelletto e la volontà. Infatti, nel primo capitolo egli scrive: «[…] in cui la tentazione viene perfezionata dalla volontà umana in iniziative che penetrano e si radicano nel vissuto concreto, quotidiano, abituale, proprio e altrui» (p. 36). In questo passo emerge un aspetto molto importante, ossia che la tentazione del Maligno non si pone in maniera totalmente estranea all’essere umano, altrimenti non vi sarebbe adesione alcuna, ma si radica nel vissuto, e se si radica nel vissuto vuol dire che si radica in ciò che la volontà umana cerca per sua natura: il bene. Infatti, se l’oggetto della volontà è il bene conosciuto, ossia il bene presentato come tale dall’intelletto, la volontà è disposta naturalmente ad aderirvi. Ma se questo bene venisse falsamente presentato come tale, ossia un male sotto le sembianze di bene, allora occorrerebbe una seria valutazione che chiami in causa l’agire morale, incluso il dinamismo delle virtù, che implica sia la potenza dell’intelletto sia quella della volontà. Ciò permette che un bene sia conosciuto e riconosciuto come tale. Tuttavia, come ben scrive l’Autore, spesse volte nel cooperatore di iniquità si confonde ogni criterio di discernimento. Ed ecco che dal punto di vista psichico e morale, la fragilità umana – spesse volte evocata come una vera e propria scusa… – non esonera l’uomo dal suo agire morale. Se è vero, come è vero, che agere sequitur esse, all’«adesione» diabolica segue un vero e proprio «assoggettamento», dal momento che viene coartato il vero agire libero dell’uomo, per cedere il passo alla negazione della libertà umana, ergo alla negazione dell’essere: «[…] poiché il diavolo, ribellandosi, negò l’essere, e con esso sconvolse l’armonia della creazione oltre a negare Dio, se stesso e gli uomini» (p. 40). Ora, tra i vari aspetti che il Prof. Castaldini evidenzia, ve ne sono alcuni e tutti di estrema importanza: la deformazione della intelligenza dei demòni, pur conservando quella volontà che continuamente aderisce al male (cfr. pp. 41-42); la falsa mistica come ricerca irrequieta che vuole trasformare l’uomo, cercando di elevarlo in modo illusorio decretando la sua rovina, facendo a meno di Dio (cfr. p. 49); l’adesione alle tenebre che giunge al cuore della questione antropologica situandosi nel nucleo ontologico dell’uomo (cfr. p.52); l’immaginazione creatrice che si riscontra nel mondo dell’occulto e che tende ad una vera e propria autodivinizzazione, subordinando a ciò anche la Rivelazione divina (cfr. 60-61) ed altri. Tra i vari aspetti ritengo particolarmente importante soffermare l’attenzione su quello relativo alla «soggezione/assoggettamento» conseguente alla «adesione». Lungi dal voler presentare il male come una sorta di algoritmo senza volto, come tante volte capita di constatare nell’epoca odierna, che ha quasi perso il concetto del volto (cfr. p. 121) e di conseguenza dell’identità, ergo della personalità, non vi sarebbe adesione diabolica se mancassero gli atteggiamenti attivo e cooperante, ossia volontario (cfr. p. 82). Cosa comporterebbe l’adesione alla proposta del Maligno? Non solo ciò che si definisce «peccato», ma un progressivo deterioramento ontologico. Certamente, non si mette in discussione l’immortalità dell’anima intellettiva, ossia l’anima umana – ovvio! –, ma certamente l’uomo, considerato nella sua totalità di anima e corpo, nonostante sia chiamato da Dio alla perfezione eterna, può incorrere nella più grande imperfezione, ossia la dannazione eterna. Se Dio è l’Essere per sé sussistente che partecipa l’essere alle creature, e l’essere come atto è la perfezione di tutte le perfezioni, l’incontro eterno con Dio comporta il compimento della perfezione umana, e sul piano soprannaturale comporta la piena partecipazione alla Bontà divina – già la grazia santificante agisce soprannaturalmente sul piano ontologico. Non solo, ma sia l’intelletto umano sia la volontà umana troveranno in Dio il pieno appagamento, Colui che solo può appagare in pienezza l’essere umano, essendo Egli somma Verità e somma Bontà. Tutto ciò corrisponde ad una vera e propria perfezione ontologica della creatura umana.

Al contrario, l’adesione diabolica, che non può non includere il moto della volontà verso l’oggetto diabolicamente presentato, mira a condurre ad una vera e propria dipendenza morale dal demonio, tale da provare una sorta di gusto del peccato (cfr. p. 80). Ciò si riscontra nell’opposizione tra «virtù» e «vizi». Ed ecco che l’agire morale, in quanto tale, non può prescindere né dall’intelletto né dalla volontà, infatti, l’Apostolo dice: […] lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2). Si noti l’ordine adoperato dall’Apostolo: pensiero – volontà. Il discernimento avviene sul piano intellettivo e successivamente subentra quello volitivo. Ma come l’intelletto presenta alla volontà il suo oggetto, così la stessa volontà muove l’intelletto e le due facoltà s’incontrano sul campo della libertà. Come riporta il Catechismo della Chiesa Cattolica: la libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà, di agire o di non agire, di fare questo o quello, di porre così da se stessi azioni deliberate. Grazie al libero arbitrio ciascuno dispone di sé. La libertà è nell’uomo una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà. La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine (n. 1731).

Nell’«adesione» diabolica è proprio la libertà ad essere coartata, impedendo alla creatura umana di raggiungere la sua perfezione in Dio, sfociando in quell’assoggettamento che non è altro che il risultato di un’adesione continua, scegliendo di partecipare al mysterium iniquitatis, e ciò volontariamente, fino a subire una certa conformazione a quest’ultimo.

Quale sarebbe il punto di partenza? Il Prof. Castaldini parla di stupidità metafisica (p. 65) nel rifiuto della propria creaturalità e di conseguenza nel rifiuto del progetto divino. È tutto concatenato, dacché Dio ha creato l’uomo per un progetto soprannaturale e l’uomo «aderisce» a tale progetto accettando, anzitutto, la propria creaturalità.

Oggi più che mai è necessario il ritorno ad una sana metafisica, anzitutto di stampo tomista, anziché chiudersi in quell’antropocentrismo falsamente presentato come bene per l’uomo, ma che in realtà continua imperterrito nell’estromissione di Dio dalla storia dell’uomo.

Ora, il rifiuto di Dio comporta il rifiuto della somma Bontà conseguente al rifiuto della propria creaturalità, nella convinzione di poter fare a meno, ontologicamente, di Colui che è (Es 3,14). Un rifiuto del genere implica la tendenza al non essere, nella negazione dell’essere, e non a caso il Maligno è colui che nega soprattutto ciò che il Creatore ha elargito sin dal principio: l’essere. La negazione dell’essere equivale alla negazione non solo di se stessi ma anche di Dio, con la differenza che Dio non può essere negato e non corre il rischio della dannazione, l’uomo sì, dacché con l’«adesione» diabolica si assoggetta a colui che è irreversibilmente dannato e che tende a negare anche se stesso pur di negare Dio Creatore. E in tal caso la conformazione al mysterium iniquitatis diventa così grande da propendere, addirittura, per la contraddizione, estranea persino a Dio. Ma il Verbo incarnato ha mostrato anche questo, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori (Lc 2,35). Ancora una volta la Beata Vergine, inseparabile dal Figlio eterno del Padre e sempre piena dello Spirito Santo, è il modello perfetto della perfezione umana corrisposta al progetto di Dio.

Un ringraziamento al Prof. Castaldini per aver messo in luce, nel suo libro, quello che a questo punto sembra essere l’aspetto più importante: la dipendenza ontologica e antropologica dell’uomo da Colui che è l’Essere per sé sussistente e sommamente Persona, offuscate dall’azione del Maligno, ma che dal riconoscimento di tale dipendenza creaturale dipende la salvezza o la dannazione.



[1] Laureato in Giurisprudenza e dottore di ricerca in Filosofia, è docente universitario, membro associato della Facoltà di Teologia Greco-Cattolica dell’Università Babeş-Bolyai di Cluj, in Transilvania, dove insegna filosofia e teologia della storia. Dal 2006 al 2010 ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest e ha ricoperto l’incarico di addetto culturale dell’Ambasciata d’Italia in Romania. Collabora come esperto con l’Associazione Internazionale Esorcisti (AIE).


sabato 6 maggio 2023

TUTTO E' STATO FATTO PER MEZZO DI LUI


 

Nelle librerie e su Internet è disponibile il mio libro pubblicato pochi giorni fa dalla Tau Editrice: 

Tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Discorso sulla fede e sulla realtà (2023).

 

Dalla quarta di copertina:

Il lavoro si presenta come la riflessione dell’autore su alcuni temi riguardanti il percorso di vita cristiano. Il tutto prende spunto da due passi della Scrittura: «tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,3) e «[…] pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15). Pertanto, lo scopo è quello della testimonianza riflessiva circa alcuni contenuti della fede cristiana (cattolica), in modo che vi siano confronti tematici, cercando di porre in evidenza la linea del Magistero della Chiesa ed esprimendo che il senso ultimo si trova nel Verbo di Dio.


Estratto dalla prefazione del Prof. Carmelo Pandolfi:

Di ou tà pánta egéneto – per quem omnia facta sunt canta il Simbolo ripetendo il Prologo di Giovanni. Gabriele Cianfrani – lo sappiamo – sente visceralmente la densità del Lógos, tanto che sta pensando ad uno studio sulla convergenza tra lógos ed esse (tomista). 

Ma qui il lavoro non scende a tali profondità e si mantiene al livello di quella che, una volta, si chiamava Apologetica.

Non c'è dubbio che una apologetica razionalistica, elencatica e difensiva abbia in certa misura fallito. È anche vero che la reazione – la mancanza di Apologetica – ha fallito anche essa, perché ha prodotto un banale «volemose bene», offensivo del Bene stesso.

La soluzione sta dentro il mistero stesso del Lógos che è Gesù Cristo, nel senso che la dogmatica stessa è apologetica. La bellezza del dogma si difende da se stessa e va solo mostrata, come numero primo inderivato e autoconvincente. Come l’originalità assoluta di quel brano, quello lì, di Mozart. Così ha insegnato, e praticato lungo tutta la sua «Gloria», la teologia più bella e insieme colta fra i Moderni: quella di Balthasar.


P.S. Chiederei, a chi decidesse di acquistarlo, di contattarmi - anche tramite l'indirizzo email che si trova a pagina 316 -, dal momento che è in corso l'elaborazione dell'Errata Corrige in riferimento alle pagine 66 e 67, in modo da poterla inviare tramite email.


venerdì 4 giugno 2021

IL DIABOLOS TRA "PERSONIFICAZIONE" E "PERSONA"

 



Il discorso circa il «diavolo» (dal greco διάβολος, dal tema διαβολ/διαβαλ di διαβάλλω)[1], risulta più che mai complicato, soprattutto al tempo di oggi, dato che pare vi sia un vero e proprio svuotamento non solo di tale realtà ma anche – forse ancor prima – di ciò che la parola «diavolo» indichi.

Nella Scrittura la parola, dall’ebraico דָּבָר (dāḇār), ha una importanza notevole. Da un lato essa esprime il «contenuto» che sta in fondo alla parola stessa, per cui non è possibile separare la parola dal suo contenuto; dall’altro lato esprime una realtà che è disponibile soltanto nella parola.[2]

 Ora, la parola in esame è quella di «diavolo». Lungi dal voler essere un esame esaustivo di tale parola e del suo contenuto – di conseguenza della realtà ben precisa a cui rimanda –, ci si concentrerà su alcuni aspetti presi dal saggio «Alberto Castaldini, Dolore del mondo e mistero di iniquità. Il male in Rm 8,18-39, Aracne editrice, Canterano 2020».

Anzitutto la parola diabolos del Nuovo Testamento (NT) rimanda all’ebraico שָׂטָן (śātān), che è quella che si trova nell’Antico Testamento (AT). La radice di tale parola significa «avversare», «accusare», per cui il satana significa l’«accusatore», l’«avversario» (di Dio). I riferimenti nell’AT sono vari, come ad esempio Gb 1,6-12; Zc 3,1s. Anche nel libro della Sapienza vi è un chiaro riferimento (Sap 2,24), ma il medesimo fu redatto totalmente in greco e circa nel I sec. a. C., per cui non rientra nel canone ebraico. Infatti, non compare שָׂטָן (śātān) ma διάβολος (diabolos).

Nel NT troviamo ugualmente vari riferimenti riguardanti la medesima realtà espressa dalla parola diabolos e dalla parola śātān, espressa anche con altre parole («demonio»; «maligno» ecc.) come ad esempio Mt 4,3; 13,24-30; Mc 5, 1-13; Lc 4,1-13; 10, 14-20; Gv 3,12; 13,27; 17,15 solo per riportarne alcuni, dato che nel NT la parola diavolo compare 37 volte mentre la parola satana compare 36 volte. L’identificazione della stessa realtà espressa dalle due parole è confermata dal libro dell’Apocalisse (12,9): Fu scacciato il grande drago, il serpente antico, che è chiamato il diavolo e il satana […]. Inoltre, in questo passo dell’Apocalisse compare anche il «serpente antico», che si identifica col diavolo o il satana. Pertanto, «serpente antico», «diavolo» e «satana» designano la stessa realtà. Ciò non può non rimandare anche al serpente di Gen 3. Ed ecco che sorge la domanda: come intendere dunque la realtà espressa dalle parole «diavolo» e/o «satana», ma anche da «serpente antico»?

Una prima risposta è fornita, seppure non in maniera assolutamente esplicita, dalla Scrittura stessa.

Quello che emerge è che certamente non si tratta di qualcosa di ambiguo o di «impersonale», dato che l’azione di opposizione, di avversione, di accusatore è svolta da un «soggetto» ben preciso, il principale, ma non è il solo (Cfr. Mt 25,41). Insomma, ci si chiede se il diavolo, se il Satana – con l’iniziale maiuscola in quanto indica un soggetto ben preciso, nominandolo, – sia una «personificazione» del male o una «persona». La questione, per quanto riguarda in particolar modo il diavolo, non è così semplice, ma comunque non è da considerare come un principio alternativo a Dio.[3]

Il percorso storico che ha conosciuto la nozione di «persona» è abbastanza noto, per cui in questa sede non verrà trattato, ma soltanto accennato. Tuttavia è importante notare che il termine «volto», in greco πρόσωπον (prόsopon), in ebraico risulta פָּנִים (pānīm). Di per sé, il volto, rimanda ad un soggetto, il quale non cade neanche in una sorta di anonimato. Ora, se col tempo il πρόσωπον passò ad indicare la «maschera» posta sul volto, il termine stabilito per indicare la «persona» fu quello di «ὑπόστασις» (hypόstasis), che significa «base», «fondamento», «soggetto», «sostanza reale» ecc., per cui indica una realtà ontologica concreta.[4] Infatti, è nota anche la definizione di «persona» di san Severino Boezio: persona est rationalis naturae individua substantia. Al riguardo, è importante precisare in che modo può esser preso il termine «sostanza»: nel primo modo si dice sostanza l’essenza della cosa (quidditas rei) espressa dalla sua definizione (es.: uomo; animale); nell’altro modo si dice sostanza il soggetto o supposito che sussiste nel genere di sostanza (quod subsistit in genere substantiae), indica il sussistente concreto, per cui è detto anche soggetto o supposito (es.: Pietro; Giovanni).[5] Dal punto di vista logico, nel primo modo si tratta della «sostanza seconda», nel secondo modo si tratta della «sostanza prima». Nel caso della persona ci si trova nella sostanza prima, ma il termine persona aggiunge a quello di sostanza la determinazione della natura, cioè la razionalità.[6] Pertanto, la persona significa ciò che di più perfetto/nobile si trova nell’universo, cioè il sussistente nella natura razionale.[7] Ora, ciò che sussiste nella natura razionale è «persona»; ma gli angeli, come emerge anche dalla Scrittura, sono esseri di natura razionale o intellettuale; per cui gli angeli sono «persone». Ma dato che anche il diavolo viene presentato come un essere angelico, si conclude che anch’egli debba essere una «persona», dotato di «personalità».[8]

Pertanto, la persona è il sussistente nella natura razionale, e appunto per questo esprime fortemente l’esistere per sé, avere l’essere per sé, sempre partecipato da Colui che è l’Essere per sé sussistente (Ipsum esse subsistens). Da qui sorge una questione molto interessante: Dio è l’Essere per sé sussistente ed è somma Bontà, che partecipa l’essere al mondo creaturale, e l’essere come atto esprime «perfezione». Ma il diavolo è colui che si frappone, colui che divide e va contro le perfezioni stabilite da Dio, per cui andrebbe anche contro quell’essere che Dio comunica per via partecipativa al mondo creaturale. Infatti, il diavolo o il Satana, non è mai se stesso, anzi è la negazione continua di ogni precisazione del suo essere […]. Come si presenta Mefistofele con una frase lapidaria molto espressiva: «Io sono lo spirito che nega sempre!».[9]

Il diavolo, in radicale opposizione alla possibilità creatrice (che coinvolgerà l’uomo nella “nuova creazione” alla fine del tempo), si conferma il principale costante nemico del progetto divino edificato sull’amore e sulla libertà.[10]

Per cui l’azione del diavolo è anche una vera azione di spersonalizzazione nei confronti dell’uomo, che smarrisce se stesso aderendo a questi, al suo piano di morte.[11] In merito a questo smarrimento, Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI) si esprime chiaramente riguardo alla considerazione del «peccato» in questi ultimi anni:

il peccato è uno dei temi su cui regna un perfetto silenzio. La predicazione religiosa cerca di evitarlo accuratamente. Il teatro e la cinematografia utilizzano il termine in senso ironico e come tema di intrattenimento. La sociologia e la psicologia cercano di smascherarlo come un’illusione o un complesso. Persino il diritto tenta di fare sempre più a meno della nozione di colpa e preferisce servirsi di una terminologia sociologica, che riduce l’idea del bene e del male a un dato statistico e si limita a distinguere tra comportamento normale e comportamento deviante. Ciò implica che le proporzioni statistiche possono anche capovolgersi: quel che oggi è la deviazione può un giorno diventare la regola […].[12]

Altro punto, molto interessante e messo in luce nel saggio, è quello riguardante l’«anomos» [ἄνομος, da ἀ- privativo e νόμος], che vuol dire «senza legge», «ingiusto», che è strettamente connesso ad ἀνομία (anomia), ossia «illegalità», «ingiustizia», «empietà».[13] Dunque un tratto importante da considerare è che il diavolo cercherà sempre di confondere la giustizia con l’iniquità, con lo scopo dello smarrimento dell’uomo e affinché l’umanità non sappia capacitarsi della persistenza della propria sofferenza in un mondo che fu creato per la sua felicità. E nonostante ciò è l’uomo stesso che lo permette con l’adesione ai piani dell’iniquità.[14] Ma in principio era il Logos, Colui che non è solo Via e Verità, ma anche Vita, e l’ultima parola non spetta alla morte ma alla Vita (Cfr. Ap 1,17-18).

Per concludere, certamente occorre approfondire l’aspetto riguardante l’ἄνομος (anomos), dato che ciò rimanda senza dubbio al piano «morale», che gode di una importanza notevole e che spesse volte, purtroppo, subisce una vera e propria distorsione a causa di un vero e proprio snaturamento. Allora è da considerare, poiché questo aspetto riguarda l’ἀνομία, ciò che concerne non soltanto la legge morale naturale ma ancor prima la Legge eterna di Dio, poiché colui che è l’ἄνομος si pone già contro la Legge di Dio, e di conseguenza contro la legge naturale partecipata da Dio all’uomo. Ora, poiché ogni agente agisce per un fine (omne agens agit propter finem), e il primo principio della ragione pratica si fonda sulla nozione di «bene», che è ciò che tutte le cose desiderano, il primo precetto della legge è che bisogna «fare e cercare il bene e bisogna evitare il male». Su questo si fondano gli altri precetti.[15] Ed è appunto per questo che occorre prestare attenzione all’aspetto dell’ἀνομία, dacché si pone contro ogni forma di legge, compresa quella (morale) naturale, e di conseguenza contro il bene. Non solo, ma l’adesione umana all’ἄνομος certamente avrebbe modo di sfociare in una legge (umana positiva) contro la legge naturale, sulla quale invece dovrebbe fondarsi. Ma in tal modo non si avrebbe più una legge, bensì corruzione della legge.[16] Per cui è importante l’approfondimento, considerando ciò che molto spesso si cerca – non a caso – di negare: la «libertà», che ha a che fare fortemente con il subsistens in rationali natura, ossia la «persona», e in questa si fondamenta, la quale trova il suo fondamento ultimo in «Ego sum qui sum» (Es 3,14).



Gabriele Cianfrani



[1] Dal Vocabolario etimologico e ragionato del Romizi. Pertanto, διαβάλλω vuol dire «getto attraverso», «metto discordia», «calunnio», «accuso». Evince l’aspetto di separazione, di mettersi di traverso.

[2] Cfr. AA. VV., Nuovo dizionario enciclopedico illustrato della Bibbia, Piemme, Casale Monferrato (AL) 20052, p. 772.

[3] Cfr. A. Castaldini, Dolore del mondo e mistero di iniquità. Il male in Rm 8,18-39, Aracne editrice, Canterano 2020, pp. 32-33.

[4] È importante il fatto che il percorso della nozione di «persona» sia avvenuta certamente per mezzo di speculazioni filosofiche, ma le esigenze erano fortemente teologiche (trinitarie e cristologiche). Infatti, ci troviamo nei primi secoli del Cristianesimo, meglio ancora nei primi Concilȋ: Nicea I (325 d.C.); Costantinopoli I (381 d.C.); Efeso (431); Calcedonia (451). Al riguardo va espresso il contributo determinante dei Padri Cappadoci san Basilio, san Gregorio di Nissa e san Gregorio di Nazianzo.

[5] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 29, a.2.

[6] Cfr. Ibid., IIIa, q. 2, a. 3.

[7] Ibid., Ia, q. 29, a. 3. In questa definizione san Tommaso perfeziona quella di san Severino Boezio.

[8] In questa sede non ci si sofferma sulla gerarchia angelica risalente allo Pseudo-Dionigi l’Areopagita (De Coelesti Hierarchia) e sul posto gerarchico del Satana, che comunque viene identificato con Lucifero (per esempio in Origene, san Gregorio di Nazianzo, san Girolamo, sant’Anselmo d’Aosta e altri). In ogni caso il Catechismo della Chiesa Cattolica riporta che all’inizio era un angelo buono, creato da Dio, come gli altri angeli ribelli, ma che da se stessi si sono trasformati in malvagi (Cfr. CCC., n. 391).

[9] R. Lavatori, Satana, l’angelo del male, La fontana di Siloe, Torino 2018, p. 521.

[10] A. Castaldini, Dolore del mondo e mistero di iniquità. Il male in Rm 8,18-39, Aracne editrice, Canterano 2020, p. 60.

[11] Cfr. Ibid., p. 32.

[12] J. Ratzinger (Benedetto XVI), In principio Dio creò il cielo e la terra. Riflessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, pp. 86-87.

[13] Cfr. A. Castaldini, Dolore del mondo e mistero di iniquità. Il male in Rm 8,18-39, Aracne editrice, Canterano 2020, p. 19. Il testo rimanda anche a 2Ts 2,8 in cui: l’«empio» (ἄνομος) sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà col soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta. Tale contesto sarebbe quello riguardante la figura dell’anticristo.

[14] Cfr. Ibid., p. 79.

[15] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia-IIa, q. 94, a.2.

[16] Cfr. Ibid., q. 95, a. 2.

venerdì 2 ottobre 2020

2 OTTOBRE - SANTI ANGELI CUSTODI

ottobre 02, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , , , , No comments

 « Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, dà ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l'avversario dei tuoi avversari » (Es 23, 20-22).


Questo mirabile passo biblico, come altri dai quali emerge chiaramente una figura angelica chiamata ad essere custode di un'anima (Mt 18,10; At 12,7-11; Sal 91,11-13; Gb 33,23-24 ed altri... oltre al Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 336), attesta la verità dell'angelo custode. Una verità espressa in maniera evidentissima da tanti santi di tempi recenti e remoti: san Pio da Pietrelcina, santa Gemma Galgani, santa Caterina da Siena, santa Francesca Romana, beata Angela da Foligno e tanti altri. La figura dell'angelo custode oggi pare che si sia persa di vista, che sia stata oscurata e/o dimenticata. Eppure l'angelo custode è quella figura angelica celeste che più di tutte è accanto ad ognuno di noi, in quanto ogni persona ne ha uno particolarmente. Il compito dell'angelo custode, del «proprio» angelo custode, è di estrema importanza, come chiaramente esprime il passo dell'Esodo sopra riportato. La figura del custode è certamente di carattere dolce, piena di consolazione, ma è anche giusta, pronta ad entrare in azione allorché ci si allontana dal sentiero di Dio.

***

In qualsiasi casa, in qualsiasi condizione voi siate, rispettate il vostro buon Angelo, poiché egli è là presente; è vicinissimo a voi; non solamente è con voi, ma è là per voi, egli cerca di proteggervi e di esservi utile. Con un Angelo vicino a voi, che potreste temere? Il vostro Angelo non può lasciarsi vincere né imbrogliare; egli è fedele, è prudente, è potente: perché dunque avere paura? Se qualcuno avesse la gioia di veder cadere il velo che copre i suoi occhi, egli vedrebbe con quale attenzione, con quale sollecitudine gli Angeli stanno in mezzo a quelli che pregano, dentro di quelli che meditano, sul letto di quelli che riposano, sulla testa di quelli che governano e che comandano (San Bernardo di Chiaravalle, 1090-1153).

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Ovviamente non è possibile accorgersi del proprio custode nel trambusto, nel caos odierno, se non ci si ferma neanche per un minuto ad una sorta di riflessione, di raccoglimento, di meditazione con lui e, di conseguenza, con Dio. Ma ciò non corrisponde affatto a quelle pratiche, che oggi sono diffuse, di connessione con il mondo spirituale attraverso persone che prendono il nome di medium o canalizzatore, o con precisi rituali e formule che dilagano evidentemente. Ciò è completamente estraneo al corretto approccio con l’angelo custode, oltre ad essere estraneo alla fede cristiana. È la preghiera, come la Scrittura e la Chiesa insegnano, a far sì che ci si possa disporre a questo. Troppi pensieri errati portano oggi alla negazione degli angeli custodi, come ad esempio il pensiero della corrente New Age, che avanza con le sue concezioni di "energia", alquanto vaga, oppure il pensiero che si tratti di una storiella che si raccontava ai bambini ma nulla di più ed altri pensieri errati ed erranti. Ma la Scrittura, le vite dei santi, attestano in maniera incontrovertibile che gli angeli custodi esistono - altroché! - e non sono affatto delle energie, ma esseri spirituali assolutamente personali, ossia che hanno una personalità. Non è possibile pensare all'angelo custode o agli angeli in particolare come se fossero delle realtà impersonali. Se tali fossero non avrebbero alcuna rilevanza, men che mai per la custodia dell’uomo.

Illuminante quanto scritto da san Tommaso d'Aquino, infatti, brevemente: Girolamo, commentando il passo di Mt 18 [10]: I loro Angeli in cielo…, scrive: « È  tanto grande la dignità delle anime che ciascuna di esse ha, fin dalla nascita, un angelo deputato alla sua custodia ». A ciascun uomo è assegnato un particolare angelo custode. E la ragione sta nel fatto che la custodia degli angeli rientra nell'esecuzione della provvidenza divina rispetto all'uomo. Ora, la provvidenza di Dio si comporta in modo diverso riguardo all'uomo e riguardo alle altre creature corruttibili, essendo diverso il rapporto di queste creature con l'incorruttibilità. Gli uomini infatti sono incorruttibili non solo nella loro comune forma specifica, ma anche nelle loro forme individuali, che sono le anime razionali: il che non può essere affermato degli altri esseri corruttibili. Ora, è evidente che la provvidenza di Dio ha di mira principalmente gli esseri che sempre esisteranno, mentre cura gli esseri perituri in ordine al bene di quelli eterni. Quindi la provvidenza di Dio si comporta nei riguardi di ogni singolo uomo come si comporta nei riguardi di ogni singolo genere o di ogni singola specie degli esseri corruttibili. Ma al dire di S. Gregorio [In Evang. hom. 34], ai diversi generi delle cose vengono deputati diversi ordini di angeli: le Potestà, p. es., a tenere a freno i demòni, le Virtù a operare miracoli nel mondo dei corpi. È inoltre probabile che alle diverse specie delle cose vengano preposti angeli diversi di un medesimo ordine. Quindi è ragionevole pensare che anche per i diversi uomini vengano deputati come custodi angeli diversi. (S.Th., I, q.113, a.2). Finché vive in questo mondo l'uomo si trova come su una strada che deve condurlo alla patria. Ma lungo tale strada molti pericoli incombono su di lui, sia dall'interno che dall'esterno, come dice il Salmista [141, 4]: «Nel sentiero dove cammino mi hanno teso un laccio». Quindi, come si dà una scorta alle persone che devono transitare per strade malsicure, così si dà un angelo custode a ogni uomo, finché dura il suo stato di viatore. Quando invece sarà giunto al termine della strada, allora l'uomo non avrà più un angelo custode, ma avrà in cielo un angelo conregnante, o nell'inferno un demonio tormentatore. (S.Th., I, q.113, a.4). […] i benefici largiti da Dio all'uomo in quanto cristiano hanno inizio dal momento del battesimo, p. es. la ricezione dell‘Eucaristia e altre cose del genere. Invece le cose che Dio nella sua provvidenza concede all'uomo in quanto ha un'anima razionale gli vengono concesse fin dal momento in cui, con la nascita, egli entra in possesso di tale natura. Ora, la custodia degli angeli è un beneficio di questo genere, come risulta chiaro dalle cose dette sopra [aa. 1, 4]. Quindi l'uomo ha un angelo deputato alla sua custodia dal momento della nascita. (S.Th., I, q.113, a.5).


Tanti santi, tra cui notevolmente Padre Pio (tra i più grandi dell'umanità), invitavano a rivolgersi al proprio angelo custode, a pregarlo, a dialogarci senza esitazione e ad ascoltare i suoi celesti consigli, a patto che ci si disponga in maniera adeguata... altrimenti non si sente neanche una mosca. A cosa servono i grandi santi «straordinari» che conosciamo, se poi non seguiamo i loro consigli? Ma se seguiamo i loro consigli, per quale motivo non dovremmo seguire quello riguardo l'angelo custode?



Gabriele Cianfrani

martedì 29 settembre 2020

29 SETTEMBRE - FESTA DEI SANTI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE, RAFFAELE

settembre 29, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , , , , No comments


 

Risuona con importanza tale giorno in cui si ricordano i santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Notevoli e ricchi di significato sono i passi biblici che li vedono coinvolti come agenti per l'uomo. Li vediamo principalmente in tre momenti ben precisi, ognuno riguardante uno dei tre:

 

- San Michele nel libro dell'Apocalisse, quando egli con la sua schiera angelica vince Satana e i suoi angeli e lo precipita sulla terra (Ap 12,7-9);

- San Gabriele nel Vangelo di Luca, quando annuncia a Maria che in lei si sarebbe incarnato il Figlio eterno di Dio, il Verbo Eterno, la Seconda Persona della Santissima Trinità (Lc 1,26-38);

- San Raffaele nel libro di Tobia, quando accompagna il giovane Tobia, figlio di Tobi, a prendere con sé in moglie Sara, liberandola dai tormenti del demonio Asmodeo (Tb 8,1-3; 12,15-20).

 

Questi, seppure siano i momenti che più balzano alla mente all'udire i nomi dei santi Arcangeli in questione, tuttavia non sono i soli momenti in cui loro sono presenti. Ad esempio san Michele compare anche in Giosuè 5,13-15; in Daniele 12,1; in Zaccaria 3,1-5; nella Lettera di Giuda 9 e in altri passi. San Gabriele lo troviamo anche in Daniele 8,15-26; 9,21-27; nel Vangelo di Luca quando annunzia a Zaccaria la nascita di Giovanni il Battista (Lc 1,11-20). San Raffaele è ricordato, anche se in maniera più implicita – e ciò è ancora sotto studio –, nel Vangelo di Giovanni, dove è scritto che un angelo scendeva ad intervalli nella piscina di Betsada ad agitare le acque, la persona che per prima vi entrava dopo l'agitazione veniva guarita da qualunque malattia fosse affetta (cf. Gv 5,3-4). È dunque chiara l'importanza dei santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele nella Scrittura, ma anche nella vita quotidiana di ognuno, poiché la Bibbia è Parola di Dio e parlerà sempre a tutti gli uomini, indipendentemente dal tempo, dalle mode, dai costumi. Nella Scrittura tutto è compiuto. I significati dei nomi degli Arcangeli è straordinario e mostra evidentemente quale sia l'importanza del «nome» in generale. In tal caso, i nomi in questione sono definiti «teoforici» (teoforico dal greco significa portatore di deità), in quanto contengono la realtà di Dio, la quale è data dall'ultima parola del nome, ossia «El», che in ebraico è la radice con cui indicare Dio (dall'ebraico El Elyon = «Dio Altissimo»; «El Shaddai» = «Dio Onnipotente»). Ma vi sono altri nomi del genere, che fanno riferimento alla radice «El»: Rachele, Daniele, Gioele, Ezechiele, Emmanuele… Ma vediamo i nomi dei santi Arcangeli dei quali oggi si fa ricordo:

 

Michele: dall'ebraico Mîkhā'ēl (Quis ut Deus!) = Chi è come Dio!; 

Gabriele: dall'ebraico Gavri'el = Forza di Dio; potenza di Dio; la mia forza è Dio; 

Raffaele: dall'ebraico Rāfāʾēl = È Dio colui che guarisce; Cura di Dio; Dio guarisce.

 

Particolarmente interessante è la gerarchia angelica di un grande autore, ossia lo Pseudo-Dionigi Areopagita (V o VI secolo d.C.), il quale si rifà sempre ai diversi ordini angelici presenti nella Scrittura, e che nella sua opera De coelesti hierarchia, la riporta con nove cori divisi in tre gruppi, strutturata come segue:

 

1. Serafini, Cherubuni e Troni;

2. Dominazioni, Virtù e Potestà;

3. Principati, Arcangeli e Angeli (gli angeli custodi).

 

Chiaramente gli angeli in generale sono creature, per cui vi è sempre una differenza ontologica infinita con Dio, con il Creatore.

È ulteriormente importante ricordare che i nomi degli Arcangeli che compaiono nella Bibbia sono solo quelli di «Michele, Gabriele e Raffaele». Non vi sono altri nomi, seppure sappiamo che vi sono sette Arcangeli e non solo tre. Ma il fatto è che solo di questi tre conosciamo il nome, degli altri no. In merito a questo è stata approvata ed è molto bella la «Corona angelica a San Michele (e ai Nove Cori angelici)», ma si raccomanda di evitare l'altra corona, quella che porta il nome di «Corona ai sette Arcangeli», la quale inserisce i nomi che apparterrebbero ai restanti quattro Arcangeli, ossia i nomi di Uriele, Geudiele, Sealtiele e Barachiele. Questi nomi non compaiono nella Bibbia e pertanto, nel Sinodo di Roma del 745, Papa Zaccaria ne proibì l'invocazione dei restanti quattro con i loro presunti nomi - precisamente, secondo esperti della materia, i nomi sono Uriel, Raguel, Tofoas, Sabaoth e Simiel. Questo non significa tagliarli fuori, ma soltanto pregarli senza pronunciare i nomi. Nel Concilio di Aquisgrana del 798 verrà proibito severamente l'invocazione dell'Arcangelo che porterebbe il nome di Uriele. A conclusione di ciò, dobbiamo pregare i tre Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele con i rispettivi nomi poiché compaiono nella Scrittura, e pregare anche gli altri quattro Arcangeli, ma senza pronunciare i 'presunti' nomi.



Gabriele Cianfrani

sabato 18 aprile 2020

CHI SONO GLI ANGELI

aprile 18, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani No comments

Il tema degli angeli è senza dubbio uno di quelli più interessanti, quale che sia il punto da cui parta l'osservazione. Tale tema gode di una importanza molto rilevante all'interno delle Sacre Scritture, tant'è che la storia di Israele, fino a giungere ai nostri giorni, è permeata in maniera notevole dalla presenza degli angeli. Esseri spirituali che oggi come in passato sono presenti più che mai, con la sola differenza che oggi pare godano di un'attenzione ridotta o male orientata... Nel corso dei secoli, sia i grandi Padri della Chiesa sia i grandi teologi della Scolastica hanno approfondito sempre più questa realtà legata indissolubilmente a quella di Dio; realtà che non di rado è stata affrontata in passato con uno spirito alquanto eretico, fuori dalle Sacre Scritture. Ma alcune cose simili si verificano anche oggi... Per cui converrebbe attingere non solo dal Catechismo della Chiesa Cattolica, ma anche da colui che ha raccolto ed esposto in maniera assolutamente mirabile le verità e le caratteristiche del mondo angelico - non a caso viene chiamato "l'Angelico o Dottore angelico"-: San Tommaso d'Aquino.
* 328. L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione.
329. Sant'Agostino dice a riguardo: << "Angelus" offici nomen est, [...] non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus - La parola "angelo" designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura, si risponde che è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo>>. In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che << vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli >> (Mt 18,10), essi sono << potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola>>.
330. In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali e immortali. Superano in perfezione tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria. (Catechismo della Chiesa Cattolica)
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[...] Le realtà che sono infime devono dunque essere composte di materia e forma. Quelle cose invece che sono supreme fra gli enti creati si avvicinano sommamente alla similitudine divina, né vi è in esse la potenza a essere o a non essere, ma hanno ricevuto da Dio per creazione un essere sempiterno [si tratta degli Angeli]. Ora, essendo proprio della materia essere in potenza all'essere che è dato dalla forma, questi enti nei quali non vi è potenza all'essere o al non essere non sono composti di materia e forma, ma sono solo forme sussistenti nel proprio essere che hanno ricevuto da Dio. Queste sostanze sono quindi necessariamente incorruttibili: infatti in tutte le realtà corruttibili vi è la potenza al non essere, mentre in queste non vi è tale potenza, come si è detto: dunque sono incorruttibili. Ancora. Niente si corrompe se non per la separazione della forma: infatti l'essere segue sempre la forma; ora queste sostanze , essendo forme sussistenti, non possono essere separate dalla loro forma, per cui non possono perdere il proprio essere: sono quindi incorruttibili. (San Tommaso d'Aquino - Compendio di Teologia, cap. 74)

Il viaggio continua...