Il titolo «Agnus Dei qui tollis peccata mundi» rimanda a quella seconda
parte della liturgia, ossia alla «Liturgia Eucaristica», preceduta dalla
«Liturgia della Parola». In particolar modo ci troviamo in quel momento solenne
della «fractio panis» (= frazione del pane), durante il quale si pronunciano le
seguenti parole: «Agnus Dei qui tollis peccata mundi» (= Agnello di Dio che
togli i peccati del mondo). È un momento estremamente importante, che merita
riflessione, durante il quale si presenta il Cristo come l’«Agnello di Dio».
Certamente si capisce che in tal caso il Cristo stesso viene presentato come il
vero agnello sacrificale, a differenza degli agnelli che venivano sacrificati
nell’Antico Testamento. Al riguardo, ci sono dei particolari riscontrabili nei
Vangeli che sono davvero sorprendenti, soprattutto confrontando i Vangeli
sinottici (Matteo, Marco, Luca) con il Vangelo secondo Giovanni. Vediamo
brevemente cosa emerge da alcuni estratti dei rispettivi racconti in merito al
giorno dell’ultima cena e della crocifissione di Gesù.
Dal Vangelo secondo Marco:
- Il primo giorno degli
Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi
che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?» (14,12).
- Venuta la sera, egli
arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In
verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà» (14,17-18).
- Venuta ormai la sera,
poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea,
membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch'egli il regno di Dio, con
coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù (15,42-43).
Dal Vangelo secondo
Matteo:
- Terminati tutti questi
discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è la
Pasqua e il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso». Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo
si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero
consiglio per catturare Gesù con un inganno e farlo morire. Dicevano però: «Non
durante la festa, perché non avvenga una rivolta fra il popolo» (26,1-5).
- Il primo giorno degli
Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che
prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose:
«Andate in città da un tale e ditegli: «Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino;
farò la Pasqua da te con i miei discepoli»». I discepoli fecero come aveva loro
ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua (26, 17-19).
- Il giorno seguente, quello
dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei,
dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore, mentre era vivo,
disse: «Dopo tre giorni risorgerò». Ordina dunque che la tomba venga vigilata
fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi
dicano al popolo: «È risorto dai morti» (27,62-64).
Dal Vangelo secondo Luca:
- Venne il giorno degli
Azzimi, nel quale si doveva immolare la Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni
dicendo: «Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua»
(22,7-8).
- Ed ecco, vi era un uomo di
nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla
decisione e all'operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e
aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.
Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro
scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno
della Parasceve e già splendevano le luci del sabato (23,50-54).
Questi passi sono stati
estratti dai Vangeli sinottici. Nonostante nella Bibbia si trovi come primo
Vangelo quello secondo Matteo, secondo gli ultimi studi sulla redazione degli
stessi, risulta che quello secondo Marco sarebbe più antico. Non è il caso di entrare
nel campo delle varie teorie o proposte di redazione dei Vangeli, ma pare che
sull’antichità di Marco concordino la maggior parte degli studiosi.
Cosa si può dedurre dai
brani scelti? Non è ancora possibile esprimersi più di tanto, in quanto occorre
richiamare il contenuto del libro dell’Esodo e del libro dei Numeri.
Dal libro dell’Esodo:
- Il Signore disse a Mosè e
ad Aronne in terra d'Egitto: «Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà
per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità d'Israele e dite:
«Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un
agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà
al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone;
calcolerete come dovrà essere l'agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete
sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici
di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà
al tramonto. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e
sull'architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne
mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe
amare […]» (12,1-8).
- «Osservate la festa degli
Azzimi, perché proprio in questo giorno io ho fatto uscire le vostre schiere
dalla terra d'Egitto; osserverete tale giorno di generazione in generazione
come rito perenne. Nel primo mese, dal giorno quattordici del mese, alla sera,
voi mangerete azzimi fino al giorno ventuno del mese, alla sera […]»
(12,17-18).
- «Osserverai la festa degli Azzimi. Per sette giorni mangerai
pane azzimo, come ti ho comandato, nel tempo stabilito del mese di Abìb: perché
nel mese di Abìb sei uscito dall'Egitto […]» (34,18).
Dal libro dei Numeri:
- Il Signore parlò a Mosè
nel deserto del Sinai, il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d'Egitto,
nel primo mese, e disse: «Gli Israeliti celebreranno la Pasqua nel tempo
stabilito. La celebrerete nel tempo stabilito, il giorno quattordici di questo
mese tra le due sere; la celebrerete secondo tutte le leggi e secondo tutte le
prescrizioni». Mosè parlò agli Israeliti perché celebrassero la Pasqua. Essi
celebrarono la Pasqua il giorno quattordici del primo mese tra le due sere, nel
deserto del Sinai. Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè, così fecero
gli Israeliti (9,1-5).
Ecco che le cose iniziano a
schiarirsi. Anzitutto si capisce che la data della Pasqua ebraica cadeva il
giorno 14, tra le due sere (14 e 15), del mese di Abìb, successivamente
chiamato «Nisan». Proprio in tale data venivano immolati gli «agnelli» per la Pasqua,
per cui veniva celebrata la Pasqua del Signore.
Dai brani estratti dai Sinottici
si pone in evidenza la «Parasceve», ossia il giorno che precede il sabato
settimanale o un sabato festivo, che solitamente cade di venerdì.
Secondo alcune osservazioni,
in merito alla immolazione degli agnelli per la celebrazione della Pasqua,
questa cadde in un giovedì. Dopo il tramonto sarebbe iniziata la Pasqua, perciò
Gesù consumò il pasto nella notte tra giovedì e venerdì, poi fu arrestato.
Pertanto, nel giorno di venerdì fu crocifisso, in quel venerdì in cui cadeva la
Pasqua. Venne la Parasceve, ossia la vigilia del sabato, e Giuseppe d’Arimatea
chiese che gli fosse consegnato il corpo di Gesù. Al sopraggiungere della
Parasceve, della vigilia del sabato, Gesù era già stato crocifisso. Insomma, in
seguito ad alcune osservazioni risulta che nella cronologia dei Sinottici la
crocifissione di Gesù sarebbe avvenuta venerdì, per cui il giovedì
corrisponderebbe al 14 di Abìb e il venerdì al 15 di Abìb, in piena festività
pasquale, che cadeva di venerdì.
Ciò ha sollevato alcuni
problemi, dato che risulta alquanto problematico il fatto che la crocifissione
potesse avvenire proprio nella festa di Pasqua. Infatti, il problema viene
sollevato proprio nel Vangelo secondo Marco:
- Mancavano due giorni alla
Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di
catturarlo con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la
festa, perché non vi sia una rivolta del popolo» (Mc 14,1-2).
Come risolvere questo
problema che alcune osservazioni hanno fatto emergere? Proviamo a leggere
alcuni brani tratti dal Vangelo secondo Giovanni.
Dal Vangelo secondo
Giovanni:
- Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era
venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che
erano nel mondo, li amò fino alla fine (13,1).
- Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio.
Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e
poter mangiare la Pasqua (18,28).
- E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse
loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l'usanza che, in
occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io
rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?» (18,38-39).
- Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno.
Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via!
Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero
i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò
loro perché fosse crocifisso (19,14-16a).
- Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i
corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno
solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e
fossero portati via (19,31).
- Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era
discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di
prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il
corpo di Gesù (19,38).
- Il primo giorno della settimana [«il giorno dopo il sabato»], Maria di Màgdala si recò al sepolcro di
mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal
sepolcro (20,1).
Dal quarto Vangelo emergono
alcuni dati: il 14 e il 15 di Abìb non corrispondono al giovedì e al venerdì,
come nei Sinottici, ma al venerdì e al sabato, il quale sabato era un giorno
solenne (Cfr. Gv 19,31). Coloro che condussero Gesù da Pilato non vollero
entrare nel Pretorio, così da non contaminarsi per poter mangiare la Pasqua,
dunque ci si trova prima della Pasqua. La Parasceve è la vigilia del sabato, e
proprio in tal momento vi fu la crocifissione, sicché ci si trova sempre di
venerdì, come nei Sinottici. Il punto è che in Giovanni la Pasqua si estende
dalla sera del venerdì alla sera del sabato – era anche la Parasceve della
Pasqua –, mentre nei Sinottici si estende dalla sera del giovedì alla sera del
venerdì. Nei Sinottici quel venerdì coincide con la festività pasquale, per
Giovanni coincide con il giorno in cui venivano immolati gli agnelli per la
festività pasquale. Questo è lo sfasamento cronologico tra i Sinottici e
Giovanni che alcuni studiosi hanno fatto emergere, nonostante i fatti siano stati gli stessi.
Sinottici: 13 Abìb (mercoledì) – 14
Abìb (giovedì – ultima cena) – 15 Abìb (venerdì – Pasqua – crocifissione)
– 16 Abìb (sabato);
Giovanni: 13 Abìb (giovedì – ultima
cena) – 14 Abìb (venerdì – Parasceve – crocifissione) 15 Abìb
(sabato – Pasqua).
Dopo tutto ciò, alcuni studiosi hanno cercato
di armonizzare le due cronologie, ma vi è una certa preferenza per quella
riportata nel Vangelo secondo Giovanni. Inoltre, bisogna doverosamente
osservare anche una nota teologica molto profonda riportata nel quarto Vangelo:
quel venerdì in cui Gesù fu crocifisso era anche il venerdì in cui si
immolavano gli agnelli per la Pasqua. Vi è da pensare che non si tratti
solo di una nota teologica alquanto profonda, come del resto la profondità
innegabile di alcuni passi del quarto Vangelo, ma di una nota avente a che fare
con quanto avvenne storicamente. Ed ecco che quell’«Agnus Dei qui tollis
peccata mundi» acquista tutta la sua forza, in quanto il Cristo stesso diviene
l’Agnello pasquale per la piena e definitiva Pasqua, l’Agnello della Nuova
Alleanza, che culminerà nella sua gloriosa risurrezione.
Gabriele Cianfrani