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giovedì 20 maggio 2021

IL "SIMBOLO" COME PROFONDITA' DELLA REALTA'

 


Ciò che si esprime con la parola «simbolo» non riguarda affatto qualcosa di sfumato, al limite con la realtà, men che mai è un modo di dire. Spesse volte si sentono espressioni del tipo: «è un gesto simbolico»; «è un modo di fare simbolico»; «quello è un simbolo» e così via. Va bene, ma a volte il riferimento non è a ciò che il «simbolo» racchiude in sé. La concretezza di ciò che il «simbolo» esprime va al di là delle semplici espressioni verbali. 

Il termine simbolo, dal greco σύμβολον (symbolon), deriva da σύμβάλλω (symballo), e la medesima è costituita da σύμ (sym) e βάλλω (ballo). Letteralmente risulta: insieme (sym) getto/pongo (ballo). Ora, da ciò si conclude che il simbolo esprime un «gettare/porre insieme», un «mettere insieme». Anzitutto riguardava una sorta di «segno di riconoscimento», come si vedrà. 

Ad esempio, nella Scrittura troviamo alcuni gesti simbolici soprattutto riguardanti i Profeti, ossia le «azioni profetiche» nell’Antico Testamento, maggiormente in Ezechiele (cfr. 4,1-3; 5,1-2; 12,1-19; 21,11-12 e altri) e Geremia (cfr. 13,1-11; 16,1-9; 19,1-11 e altri), ma anche in altri libri (Isaia, Osea, Zaccaria ecc.). Il Nuovo Testamento presenta ugualmente gesti assai simbolici, che non sarebbe possibile trattare al momento poiché richiederebbe uno spazio considerevole. Ma ciò che è importante tenere presente è che il «simbolo» rimanda alla partecipazione di una realtà estremamente profonda che difficilmente può essere espressa come ci si esprime comunemente. Ad esempio, la «croce di Cristo» presenta una profondità infinita – compendio dell’amore di Dio per l’uomo –, e per quanto si possa discutere e fare ricerca, essa non si esaurirà mai. Ed ecco che anche il semplice «segno della croce» – ‘semplice’ per modo di dire – consta di una intensità inimmaginabile.

Ma la ricchezza del «simbolo» è chiaramente riportata anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, che dà fondamento e completa quanto esposto sopra: la parola greca σύμβολον indicava la metà di un oggetto spezzato (per esempio un sigillo) che veniva presentato come un segno di riconoscimento. Le parti rotte venivano ricomposte per verificare l’identità di chi le portava. Il «Simbolo della fede» è quindi un segno di riconoscimento e di comunione tra i credenti. Σύμβολον passò poi a significare raccolta, collezione o sommario. Il «Simbolo della fede» è la raccolta delle principali verità della fede. Da qui deriva il fatto che esso costituisce il primo e fondamentale punto di riferimento della catechesi (n. 188).

In conclusione, quando si pronunciano le parole del «Credo (o Simbolo) Apostolico» o di quello «Niceno-Costantinopolitano», occorrerebbe prestare la massima attenzione, dato che ogni parola ha la sua profondità, essendo «professione di fede».

Alla classica domanda: «di che segno sei?», se proprio si volesse rispondere qualcosa, la risposta non può che essere: «del segno della croce».



Gabriele Cianfrani


mercoledì 19 maggio 2021

LA CHIESA: CONVOCAZIONE DI DIO O SEMPLICE RADUNO DI UOMINI?

maggio 19, 2021 Posted by Gabriele Cianfrani , , , , No comments



Stando al meraviglioso teso evangelico di ieri, ossia della ventunesima Domenica del Tempo Ordinario - articolo già scritto il 24 agosto 2020 e qui ripubblicato -, ciò che vi è contenuto è estremamente profondo e vasto, infatti il testo è quello di Mt 16,13-20, che viene solitamente definito come il «primato di Pietro». Ora, tra i tanti punti contenuti, ve n’è uno molto importante che risponde ad una domanda altrettanto importante: cos’è la Chiesa? La risposta a questa domanda la si può trovare benissimo in questo brano del Vangelo secondo Matteo. Per cui si cercherà, senza dilungamenti, di rispondere a tale domanda considerando il testo evangelico.

In latino, poiché rende meglio, il passo riguardante l’edificazione della Chiesa su san Pietro è il seguente: Et ego dico tibi, quia tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam (Mt 16,18). Dal testo latino si pone l’accento su quell’«ecclesiam (meam)», infatti, la derivazione è dal greco «ἐκκλησία» (ekklēsía), che deriva dal verbo greco «καλέω» che significa «chiamare». Ora, nella Bibbia dei LXX (versione greca della Bibbia), si riscontra che il termine greco «ekklēsía» traduce l’ebraico «קהל» (qahal), mentre il greco «συναγωγή» traduce l’ebraico «עֵדָה‎» (‘edah). Ci si chiederà quale sia la differenza. Ebbene la differenza è che «synagoge» esprime una sorta di passività, ossia una semplice assemblea, un raduno; «ekklēsía» esprime più attività, ossia una convocazione, una assemblea ma sorta per chiamata. In tal caso, poiché il termine «Chiesa» viene dal greco «ekklēsía», il quale traduce l’ebraico «qahal» ed esprime attività della chiamata, la Chiesa è soprattutto la «chiamata di Dio», la «convocazione da parte di Dio» e non un semplice raduno di uomini. In ciò si comprende che il fondamento ultimo della Chiesa è Dio stesso poiché la chiamata è da parte di Dio. Certamente la roccia sulla quale il Cristo edificherà la Chiesa sarà quella di Pietro, ma la Chiesa in quanto tale è opera di Dio – Gesù è pienamente uomo e pienamente Dio, poiché è il Verbo eterno incarnato –, infatti Gesù dice che edificherà la «sua» Chiesa. Ed è per questo che la Chiesa non dipende, in ultima istanza, dagli uomini, ma da Dio stesso. Pietro prenderà in mano il timone, ma di una Chiesa che non è sua, ma di Dio. 

A questo punto vi è lo spunto per quel che riguarda la «santità» della Chiesa, ossia come può dirsi santa se ancora si commette peccato. Ma la risposta è che alla santità occorre non solo che si risponda ma che si corrisponda. A quale santità? A quella a cui siamo stati chiamati col santo Battesimo, il quale rigenera la persona umana nelle profondità della sua natura, intrinsecamente. Pertanto, nonostante il peccato venga commesso – questo è un tema molto importante, ma che non è possibile sviluppare adesso –, la Chiesa può dirsi «santa» in quanto non è l’uomo ad averla convocata, ma Dio. E Dio è santo, o meglio, è il Santo! Per cui il fondamento ultimo è sempre Dio. La Chiesa, nonostante sia chiamata anche a purificarsi nel tempo, tale purificazione è in vista del raggiungimento della santità totale, del compimento della santità. Ma ciò che deve giungere come messaggio, è che la Chiesa non ha origini umane ma divine, dacché è la convocazione di Dio, è la Chiesa di Dio.


Gabriele Cianfrani


PS. Articolo già pubblicato in https://bussolaculturale.it/la-chiesa-convocazione-di-dio-o-semplice-raduno-di-uomini-a-cura-di-gabriele-cianfrani/