Proprio due giorni fa, il
18 luglio 2023, è stato il 700° anniversario della canonizzazione di san
Tommaso d’Aquino (122-7 marzo 1274), con la bolla Redemptionem misit di
papa Giovanni XXII risalente, appunto, al 18 luglio 1323.
Inutile riportare la
grandezza della dottrina del Doctor Angelicus – vi sono altri titoli, come Doctor
Ecclesiae, Doctor Communis, Doctor Humanitatis –, tanto che
persino nel decreto sulla formazione sacerdotale Optatam totius del
Concilio Vaticano II, al numero 16, sono riportate le seguenti parole:
Nell’insegnamento
della teologia dogmatica, prima vengano proposti gli stessi temi biblici; si
illustri poi agli alunni il contributo dei Padri della Chiesa Orientale ed
Occidentale nella fedele trasmissione ed enucleazione delle singole verità
rivelate, nonché l’ulteriore storia del dogma, considerando anche i rapporti di
questa con la storia generale della Chiesa. Inoltre, per illustrare quanto più
possibile i misteri della salvezza, gli alunni imparino ad approfondirli e a
vederne il nesso per mezzo della speculazione, avendo S. Tommaso per maestro […].
Semmai si leggessero, o
meglio, si studiassero i testi dell’Aquinate, non ci si meraviglierebbe di
queste parole. Inoltre, in quel periodo del Medioevo che va sotto il nome di
«Scolastica», il nostro Dottore visse proprio nel secolo XIII, riconosciuto in
modo unanime come il «secolo d’oro» della Scolastica, l’apogeo di tale periodo.
Un secolo durante il quale la cultura fece un balzo in avanti non di poco conto,
e l’importanza che ebbero la teologia e la filosofia è fuori discussione.
Inoltre, per non evadere
dal rendere onore alla verità, nel complesso il Medioevo è stato un periodo di
grande originalità e di notevoli innovazioni, oltre che di scoperte. È davvero
frustrante quando si sente parlare del Medioevo avendo in mente solo pochi
argomenti e del tutto distorti: inquisizione, crociate, oscurantismo ecc. Come
prima cosa occorrerebbe capire cosa sia l’inquisizione e cosa sia la crociata –
non bisogna considerarle al plurale, ma al singolare, dacché ognuna ha le sue
caratteristiche –, senza considerare che anche l’inquisizione non fu unica, ma
vi sono precise divisioni tra gli storici. Se si esaminassero già solo questi
due argomenti, con i dovuti strumenti, si inizierebbe a provare una certa
meraviglia (non buona) quando se ne sente parlare senza cognizioni. Non solo,
ma che il Medioevo sia stato un periodo oscurantista è una vera e propria
caricatura nei confronti di un periodo che risulta imprescindibile. Ogni epoca
conosce luci e ombre, ma se proprio vogliamo essere sinceri, le ombre che sono
presenti in quella attuale, sono ben più numerose rispetto a quelle del
passato.
Un piccolo esempio: la
forza di attrazione gravitazionale esercitata dalla luna sul nostro pianeta – e
non solo questo – in riferimento alle maree era ben nota già nel secolo XIII, o
meglio, prima ancora dello stesso Medioevo. Infatti, nel Compendium
theologiae, san Tommaso tratta dei miracoli in senso stretto e conclude che
questi sono riservati solo a Dio. Cosa avrebbe a che vedere con le maree? Nulla
di miracoloso, ma solo una precisazione sulla distinzione tra ciò che può
essere considerato miracolo e ciò che non è miracolo. Per non mancare in alcun
modo, riporto l’intero capitolo 136:
Siccome
tutto l’ordine delle cause seconde e la loro potenza viene da Dio, e come si è
visto [capitolo 96], Dio non produce i suoi effetti per necessità di natura, ma
per libera volontà, è chiaro che Dio può agire all’infuori dell’ordine delle
cause seconde, come quando risana quelli che secondo l’agire della natura non
possono essere risanati, oppure quando fa qualcosa che non è secondo l’ordine
delle cause naturali. Tuttavia questi interventi sono secondo l’ordine della
provvidenza divina, perché il fatto stesso che Dio faccia qualcosa al di fuori
delle cause naturali è disposto da Dio per un certo fine. Ora, quando fatti del
genere avvengono per opera di Dio al di fuori delle cause seconde, sono detti
miracoli, perché è cosa mirabile vedere un effetto senza conoscerne la causa.
Ora essendo Dio una causa a noi simpliciter [assolutamente] nascosta,
quando qualcosa viene fatto da Dio al di fuori dell’ordine delle cause seconde
che sono a noi note, si parla in modo assoluto di “miracolo”. Se invece
una cosa viene fatta da una causa nascosta a questo o a quello, non si ha un
miracolo in senso assoluto, ma solo rispetto a chi non conosce quella causa.
Per questo motivo può accadere che una cosa appaia mirabile a uno e non a un
altro, che invece conosce la causa.
Operare
dunque in questo modo al di fuori delle cause seconde è solo di Dio, che è il
creatore di questo ordine e non è obbligato a questo ordine, mentre invece
tutti gli altri enti vi sono sottoposti. Per questa ragione fare dei miracoli è
solo di Dio, secondo il detto del Salmista: «Egli solo compie prodigi»
[Sal 72,18]. Perciò quando si vedono fare da qualche creatura dei miracoli, o
non sono veri miracoli, dato che avvengono per qualche potenza naturale benché
a noi nascosta, come quei prodigi che vengono compiuti dai demoni e che
avvengono con arti magiche, oppure, se sono veri miracoli, vengono chiesti da
qualcuno a Dio, perché operi questi prodigi. Siccome dunque questi prodigi
avvengono solo per intervento divino, molto opportunamente vengono presentati
come argomento a favore della fede, che è radicata solo in Dio. Infatti quando
un uomo proclama qualcosa in virtù dell’autorità divina, per manifestarlo non
c’è niente di meglio che le opere che Dio solo può compiere.
Questi
miracoli poi, benché avvengano al di fuori dell’ordine delle cause seconde, non
devono essere considerati contro natura, perché lo stesso ordine della natura
ha questo di proprio: che le realtà inferiori sono soggette alle azioni delle
superiori. E per questa ragione ciò che nei corpi inferiori avviene per
l’influsso dei corpi celesti non si dice che avviene in senso assoluto contro
la natura, anche se alle volte è contro la natura di questa o di quella cosa,
come avviene nel moto delle acque per il flusso e riflusso del mare causato
dall’attrazione della luna. E così pure ciò che capita alle creature per mezzo
dell’azione di Dio, benché possa sembrare contro l’ordine particolare delle
cause seconde, è tuttavia secondo l’ordine universale della natura. I miracoli
non sono dunque contro la natura (Tommaso
d’Aquino, Compendium Theologiae, I, cap. 136).
Questo capitolo presenta
una ricchezza notevole, oltre ad essere da guida per capire e valutare tante
cose che si verificano anche oggi.
Ma ciò che risultò
incisivo per la canonizzazione di san Tommaso fu l’Ystoria Sancti Thomae De
Aquino di Guglielmo da Tocco, che presentò a papa Giovanni XXII nel 1318 e
che conobbe personalmente san Tommaso.
Infatti, Guglielmo da
Tocco è stato postulatore del processo di san Tommaso:
Quando
nel 1317 iniziò il processo che condusse alla canonizzazione di Tommaso
d’Aquino il 18 luglio 1323, la procedura di canonizzazione pontificia era già
codificata. È noto che il papato accettasse di aprire un’indagine se la domanda
fosse stata accompagnata da un numero sufficiente di richieste da parte di
personalità influenti. I postulatori intanto avevano già effettuato un’indagine
preliminare di cui fornivano i risultati su richiesta. L’indagine propriamente
detta – processus o informatio in partibus – veniva affidata a
tre commissari, di cui almeno uno era un vescovo, ai quali il papa inviava
lettere remissorie. Alcuni notai venivano incaricati di redigere le
disposizioni in forma publica. A partire dal secondo terzo del XIII
secolo, veniva istituita la figura del postulatore, ruolo che Guglielmo da
Tocco ha rivestito nel processo di san Tommaso. Il postulatore doveva occuparsi
delle questioni preliminari all’apertura del processo e aveva anche il compito
di reperire i testimoni. Oggetto dell’indagine erano la vita e i miracoli del
candidato alla santità. Nel corso del XIII secolo è possibile osservare un
crescente interesse sulla santità di vita a detrimento dei miracoli, benché
l’indagine su questi diventi più rigorosa (Guglielmo
da Tocco, Storia di san Tommaso d’Aquino, a cura di D. Riserbato,
Jaca Book, Milano 2015, pp. 14-15).
Per quel che riguarda il
precedente anniversario della canonizzazione di san Tommaso, ossia il VI
centenario, si rimanda alla lettera enciclica di papa Pio XI Studiorum ducem
(29-06-1923). Ma ora occorre riportare un brano alquanto famoso, il Bene
scripsisti, che non necessita di commenti, ma solo di meditazione:
A un prodigio simile, ma
più stupefacente, assistette nel convento di Napoli frate Domenico di Caserta,
sacrestano, uomo di grande devozione, sollecito e di virtù provata, che
ricevette a sua volta, da sveglio, altre mirabili visioni.
Costui si era accorto che
frate Tommaso lasciava sempre la sua camera, suo luogo di studio, per scendere
in chiesa prima del Mattutino e che, per non essere visto, si affrettava a
farvi ritorno alla squilla del Mattutino. Un giorno, preso da curiosità, decise
di osservarlo. Entrato da dietro nella cappella di san Nicola, dove il maestro
si attardava rapito nella preghiera, lo vide sospeso in aria a circa due cubiti
dal suolo. Preso da stupore, si era soffermato a lungo ad ammirarlo, quando
all’improvviso dal punto verso cui il nostro dottore era rivolto a pregare tra
le lacrime, udì una voce che sembrava provenire dal crocifisso e che diceva:
«Tommaso, hai scritto bene sul mio conto! Che cosa vuoi ricevere da me come
ricompensa per il tuo lavoro?». E il dottore rispose: «Nient’altro che te,
Signore!».
Stava scrivendo allora le
questioni della terza parte della Summa, dedicate alla passione e alla
resurrezione di Cristo, dopo le quali non scrisse più nulla a causa dello
splendore di quelle realtà che Dio gli aveva mirabilmente rivelato. Segno
chiarissimo che dovesse appunto interrompere la sua attività di scrittura, era
il fatto che il Signore gli avesse già chiesto quale ricompensa ritenesse
congrua per il suo lavoro, perché potesse godere in patria di Colui che in via
gli aveva procurato tanta dolcezza scrivere su di lui, e che alla sua morte
meritò di vedere più chiaramente degli altri, lui che più di tutti aveva
compreso durante la vita (Guglielmo da Tocco, Storia di san Tommaso d’Aquino, a cura di D.
Riserbato, Jaca Book, Milano 2015, pp. 171-172).
Cosa scrivere su questo
evento che Bartolomeo di Capua colloca in data 6 dicembre 1273? Nulla più di quanto
sia stato già riportato, che è solo un primo passo per capire quanto la
teologia sviluppata da san Tommaso d’Aquino sia importante per la Chiesa e non
solo.
Gabriele Cianfrani