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domenica 4 luglio 2021

SERVITORE DEL MONDO O SERVITORE DI DIO: IN CHE MODO?



Una riflessione cristiana in merito a un tema ricorrente.

A volte si prende consapevolezza di alcune posizioni che pare presentino delle imprecisioni. Vorrei concentrarmi su queste «imprecisioni» che non credo possano passare inosservate… e nemmeno innocue, col rischio di risultare anche un po' pungente.

Il problema risiederebbe in alcune posizioni che pare esprimano una sorta di opposizione forte, che sfocerebbe nella esclusione: o si sceglie la vita laicale, e con ciò non sarà possibile servire Dio come si deve, o si sceglie una vita da religioso, una vita da suora, e allora sarà possibile servire Dio come si deve e chi ricevesse il sacramento dell’Ordine (sacerdozio ministeriale) lo servirebbe ancora meglio… Il problema non risiede affatto nella scelta in sé, ma come questa viene presentata, quasi a voler far trapelare che «o» si sceglie in un modo «o» in un altro modo, con la differenza che uno dei due modi va bene mentre l’altro va meno bene. Una esclusione tale che, in altri termini, conduce il pensiero ad un velato aut-aut, ma questo rimanderebbe ad altre e precise considerazioni. In questo caso la vita laicale non avrebbe poi così tanta importanza, e discorso a parte meriterebbe la parola «laico» – da λαός (popolo) –, il cui significato discosta evidentemente da quello che ultimamente viene attribuito a tale parola, con forte senso di opposizione, da cui spesse volte l’espressione: «non sono cattolico ma laico». E allora? Cosa vuol dire?

Vale la pena tornare sul tema, anche perché si chiamerebbe in campo quel «sacerdozio comune» dei fedeli del quale non pare se ne senta parlare tanto. Certamente vi sarebbe da fare un discorso che tocchi anche alcuni punti di storia della Chiesa, ma con approccio storico, comprese le contestualizzazioni e senza prendere un po' di qua e un po' di là per poi suturare il tutto, anche perché verrebbe fuori una sutura inesatta, per poi attendere inevitabilmente la guarigione per seconda intenzione (espressione in ambito chirurgico).

Comunque verrebbe da chiedersi per quale motivo vi sono posizioni che propendono quasi per una separazione tra il «sacerdozio ministeriale» e il «sacerdozio comune», e ancor peggio quasi escludendo il secondo. In altre parole, l’attenzione non riguarda la cosa in sé, ma ciò a cui una persona è chiamata. Insomma, entriamo nel campo della «vocazione» – non è da intendere esclusivamente con il solito prendere i voti, dato che il discorso è molto più ampio –, che non è uguale per tutti e non è possibile pretendere che lo sia! È un tema abbastanza delicato che meriterebbe di essere trattato accuratamente. Dunque il problema non riguarda affatto la scelta in sé di una persona – e ci mancherebbe! –, ma come questa scelta viene presentata, quasi che la vita laicale fosse insufficiente per il cammino cristiano verso la santità. Ciò riguarda alcuni mezzi di comunicazione, attraverso i quali pervengono informazioni alquanto scorrette. Magari non rientrerà nella intenzione della comunicazione, e allora questa dovrebbe considerare meglio alcuni aspetti certamente rilevanti, in modo tale da evitare anche di distorcere la testimonianza di una persona. Alcune parole dell’Apostolo: A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo (Ef 4,7); Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato (Rm 7,24). Con questo passo di san Paolo mi collego alla esortazione apostolica postsinodale Christifideles laici di san Giovanni Paolo II, la quale risulta illuminante in merito al tema dei laici «nella Chiesa e nel mondo». Nel documento si legge: i fedeli laici sono chiamati in particolare a ridare alla creazione tutto il suo originario valore. […] La partecipazione dei fedeli laici al triplice ufficio di Cristo sacerdote, profeta e re trova la sua radice prima nell’unzione del Battesimo, il suo sviluppo nella Confermazione e il suo compimento e sostegno dinamico nell’Eucaristia (n. 14). Ed ecco che quella sorta di opposizione a modo di esclusione che traspare da alcune posizioni non ha motivo di esistere: la comune dignità battesimale assume nel fedele laico una modalità che lo distingue, senza però separarlo, dal presbitero, dal religioso e dalla religiosa (n. 15). Il testo precisa che il fedele laico non è separato, ma è comunque distinto dal presbitero, dal religioso e dalla religiosa. Tale precisazione è importante per non gettare tutto nel calderone per poi sostenere alcune posizioni aventi come fondo l’indistinzione più assoluta. Ciò non sarebbe reale dacché vi sono delle distinzioni che sono da riconoscere e da rispettare – traspare già dal passo riguardante Abramo e Melchìsedek (Cfr. Gen 14,19-20) –, ma senza separazione. Vi è diversità di ministeri ma unità di missione. I fedeli sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo (CIC, can. 204, § 1). Inoltre, il testo della Christifideles laici si esprime anche in merito alla «dignità battesimale», che molto spesso pare si trovi nel dimenticatoio, col risultato di un vero e proprio prorompere di espressioni e posizioni del tutto avulse da quel che sarebbe il loro contesto. Pertanto, sia il sacerdozio ministeriale sia il sacerdozio comune di tutti i fedeli, ognuno a suo proprio modo, partecipano all’unico sacerdozio di Cristo, pur con differenze essenziali, che ci sono e vanno riconosciute e rispettate. Per cui non è possibile neanche ascoltare interventi del tipo: «quel prete ha sbagliato, se la vedrà dall’altra parte» e altri che non riporto. Anzitutto, se un prete sbaglia, ciò non riguarda lui soltanto ma l’intero Popolo di Dio, laici compresi, e bisognerebbe far sì che si rimedi a quello sbaglio, senza assumere comportamenti isolati sulla base della falsa separazione tra il sacerdozio ministeriale e quello comune. Lo stesso vale per il prete, per cui se alcuni fedeli laici commettono degli errori, non è possibile far finta di nulla.

Il titolo «servitore del mondo o servitore di Dio: in che modo?», per essere sinceri, interpella sia il sacerdozio ministeriale sia quello comune, poiché si pone sul piano del «fine». Scambiare il mezzo per il fine può riguardare entrambe le parti.

Insomma, si tratta di prendere maggiore consapevolezza della nozione di «Corpus Mysticum Christi», in cui vi è distinzione ma non separazione.

Si potrebbe continuare ulteriormente, ma a questo punto si rimanda ad alcuni documenti sul tema (per es. la Lumen gentium del Concilio Vaticano II). Inoltre, tra i sacramenti abbiamo anche il Matrimonio, il quale presenta un dato singolare: i «ministri» di tale sacramento sono gli sposi, che mediante il «consenso» fanno sì che si costituisca il Matrimonio. Ovviamente un consenso libero e senza impedimenti (Cfr. CCC, n. 1625). Il sacerdote accoglie il consenso degli sposi a nome della Chiesa e dà la benedizione della Chiesa, esprime visibilmente che il Matrimonio è una realtà ecclesiale (Cfr. Ibid., n. 1630) e gode di unità e di indissolubilità. Conosco tanti laici che sono eccellenti, persone squisite e impegnate su tanti fronti e con qualità eccelse, così come conosco sacerdoti ministeriali eccellenti e religiosi e religiose – e non solo – impregnate di quella caritas cristiana di cui parla san Paolo (Cfr. 1Cor 13,1-13). Purtroppo anche la parola «carità» è quasi diventata un modo di dire, perdendo il senso profondo dell’agape, dell’amore di dilezione, che è il solo amore che guarda al valore «intrinseco» della persona in quanto tale. Pertanto, credo sia opportuno porre in luce proprio quella «dignità battesimale», dalla quale inizia la vita cristiana. Inoltre, dopo tante cose che son state dette ultimamente proprio sul sacramento del Battesimo – per l’ennesima volta –, forse sarebbe il caso di esprimersi con termini più opportuni qualora ci si addentrasse nell’argomento.

Ci sarebbe tanto da dire – in questo caso ‘da scrivere’ –, ma credo che il messaggio si possa cogliere facilmente.

La «caritas» cristiana, questa sì che ha la sua vera esclusività… e non esclude affatto!

 

 

Gabriele Cianfrani