La Pentecoste, dal greco he pentekoste (hemera), «il
cinquantesimo (giorno)», era per il popolo d’Israele la «festa delle
Settimane o della mietitura» (Cfr. Es 34,22; 23,16) ed era un festa delle
primizie. Si celebrava sette settimane dopo l’offerta del covone d’orzo (Cfr.
Lv 23,15-21). Seguiva, come ultima festa alla fine dell’anno, la «festa del
Raccolto o delle Capanne» (Cfr. Es 23,16; Lv 23,34). Le tre grandi feste
d’Israele: la festa degli Azzimi, la festa della mietitura o delle
Settimane, la festa del Raccolto o delle Capanne (Cfr. Es 23,14-19).
Alla festa della Pasqua, stabilita al quattordicesimo giorno del primo mese (di
Abib, poi sarà Nisan, che è corrispondente all’incirca al mese di aprile),
seguiva la festa degli Azzimi al quindicesimo giorno dello stesso mese, che
durava sette giorni (Cfr. Lv 23,5-6). Seguiva poi quella della mietitura o
delle Settimane, fino a giungere a quella del Raccolto o delle Capanne.
È molto interessante uno sguardo al Pentateuco, seppur velocemente, in merito a ciò.
Ora, non a caso dopo il giorno della risurrezione del Signore Gesù (Domenica, da dies Domini, ossia “giorno del Signore”), abbiamo sette settimane del tempo pasquale, a conclusione delle quali abbiamo la Domenica di Pentecoste, e mentre stava compiendosi il giorno di Pentecoste si trovavano tutti insieme [gli Apostoli] nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi (At 2,1-4). La conseguenza di ciò è un vero e proprio rinnovamento, una nuova creazione nella Nuova Alleanza, che è eterna. Infatti, quel «soffio» che troviamo in Gv 20,22-23 (Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimettete i peccati, sono loro rimessi; a chi li ritenete, sono ritenuti»), è lo stesso che troviamo all’inizio in Gen 2,7 (Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere dal suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente) e poi anche in Sap 15,11 (..., colui che gli inspirò un’anima attiva e gli infuse uno spirito vitale). Pertanto, soprattutto in questo giorno, si prende atto che Gesù fa davvero nuove tutte le cose (Cfr. Ap 21,5a), per cui non è possibile perdere di vista il grande legame Pasqua-Pentecoste. Ma oltre al rinnovamento vi è anche una missione. Infatti, dopo che san Pietro parlò alla folla, alla domanda su cosa occorreva fare, risponde chiaramente: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38). A ciò corrisponde quella figliolanza divina di cui parla san Paolo, dato che tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo (Gal 3,26-27). Dunque emerge ancora l’importanza del Battesimo. Il quale è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito («vitae spiritualis ianua»), e la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione [...] (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1213).
Piccola
osservazione: quando Gesù parla dello Spirito (Santo), lo identifica come l’«altro
paraclito» (Cfr. Gv 14,16), come «Paraclito» (Cfr. Gv 15,26; 16,7), come «Spirito
della verità» (Cfr. Gv 16,13). Da ciò traspare che il Paraclito è Cristo stesso
e lo Spirito è l’altro Paraclito, ma questo altro Paraclito viene presentato
sullo stesso piano del primo (il Cristo). Si conclude, da questi brevi
riferimenti, che lo Spirito è non solo lo Spirito della verità (che è il
Cristo) ma che gode dello stesso piano ontologico del Cristo, che è Dio e che è una sola cosa col Padre (Cfr. Gv 10,30). Da ciò la possibilità di concludere
che vi è legame della Chiesa col mistero trinitario.
Per concludere, San Tommaso d’Aquino riassume perfettamente quanto
occorre circa il rinnovamento come effetto dello Spirito Santo, e lo fa nella
conferenza vespertina del sermone 11:
“Dunque il primo effetto dello Spirito Santo è che crea. Il
secondo è il rinnovamento, che si verifica in quattro modi, cioè: secondo la
grazia che purifica, secondo la giustizia che fa progredire, secondo la
sapienza che illumina e secondo la gloria che porta a compimento.”
Gabriele Cianfrani