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sabato 2 maggio 2020

HOMO RELIGIOSUS

maggio 02, 2020 Posted by Gabriele Cianfrani , No comments



Senza dubbio è una parola che si sente tante volte e che presenta un’importanza poche volte considerata. Si tratta della parola « religione ». Ma quale sarebbe il significato di tale parola? Quale sarebbe la realtà a cui si riferisce? È importante, oggi, la religione? Domande alle quali vale la pena rispondere anche se in maniera generale e molto breve, dato che l’argomento è molto vasto e i diversi trattati di religione oggi presenti lo confermano pienamente.

Anzitutto partiamo dall’etimologia del termine religione, il quale deriva dal latino religio, che a sua volta può derivare da due verbi latini: relegere o religare. Marco Tullio Cicerone (106 a.C. – 43 a. C.) accettava il primo termine, relegere, il quale indica «il ripetere, il rileggere o il considerare ciò che riguarda il culto, ciò che riguarda la divinità». Il secondo termine, religare, risalente a Lattanzio (250 ca. d.C. – 320 ca. d.C.) e ripreso da Sant’Agostino (354 d.C. – 430 d.C.), indica «l’unione, il legame nei confronti di Dio». Anche San Tommaso d’Aquino preferirà il termine religare, il quale è il solo che adopera nel suo opuscolo Contra impugnantes Dei cultum et religionem. C’è da dire che non tutti concordano con la derivazione del termine religio da religare, poiché questi pongono l’accento sul fatto che religiosus voglia indicare la persona «scrupolosa», ossia la persona attenta a fare ciò che deve. Non a caso spesse volte si sente dire che quella data persona compia «religiosamente» un lavoro o che lo esegua in «religioso silenzio». In ogni caso pare che questa ultima posizione non contrasti con quella riguardo alla derivazione dal verbo religare, dato che il legame con Dio spinge ad essere attento, consapevoli del legame stesso e non negligenti.
La religione è in ogni caso definibile come l’insieme di credenze, di riti, di norme con cui gli esseri umani esprimono il loro rapporto con la divinità dalla quale si sanno dipendenti, ma è chiaro che l’elemento fondamentale della religione in quanto tale è il «sacro», al quale Rudolf Otto (1869 – 1937) si riferiva col termine Numinoso. Nei confronti del sacro l’uomo sperimenta la propria creaturalità, e si giunge alla realtà numinosa attraverso ciò che lo stesso Otto chiamava con Tremendum, Mysterium et Fascinans. Il Tremendum indica lo stare, il trovarsi dinanzi ad una realtà di una grandezza tale da risultare insuperabile; il Mysterium indica che l’oggetto numinoso è presentato come il «totalmente Altro»; il Fascinans indica lo stato soggettivo della persona dinanzi a ciò. Pertanto, è possibile affermare che la religione, oltre ad essere l’insieme di credenze, di riti, di norme con cui l’uomo si rapporta alla divinità, presenta delle parti costitutive che sono comuni a tutte le religioni, e sono tre: il soggetto dell’esperienza religiosa, l’oggetto di venerazione e/o di adorazione (il Sacro) e la relazione tra il soggetto e l’oggetto (Cfr. M. B. Pereira, La ricerca di quello splendore. Note introduttive alla fenomenologia della religione, IF Press, Morolo 2011). Importante il fatto che il «sacro» è un elemento imprescindibile per la religione in quanto tale. Senza il «sacro» non vi è religione. Inoltre, non è bene pensare che il «fatto religioso» sia più o meno antico, dacché è addirittura antico quanto l’uomo, o meglio, è connaturale all’uomo, tanto che l’uomo stesso si presenta sempre come homo religiosus. Infatti, al periodo chiamato Paleolitico, che sarebbe iniziato circa 2 milioni di anni fa e terminato circa 10.000 anni fa, risalgono proprio dei ritrovamenti archeologici che dimostrano la presenza di tracce religiose. Ad esempio vi è la grotta di Laas Geel in Somalia, la grotta di Lascaux, Chauvet e del Pech-Merle in Francia, quella di Altamira in Spagna, Warganata Mina in Tasmania, i ritrovamenti a Gӧbekli Tepe in Turchia, la grotta del Genovese in Sicilia e altre testimonianze di tracce di religiosità. Ma ciò che richiama maggiormente l’attenzione sono le risapute «sepolture». Queste risalirebbero anche a circa 90.000 anni fa e diversi ritrovamenti mostrano non solo che la testa era rivolta verso Oriente, ma anche che la posizione dei morti era simile ad un feto nel grembo materno, oltre all’utilizzo di prodotti naturali utilizzati come una sorta di ornamento. Ma anche in Oriente, e proprio nella parte di tempo risalente agli inizi del Paleolitico, furono ritrovati resti riguardanti l’uomo come cacciatore e raccoglitore – è chiaro che la caccia non era considerata semplicemente per trovare del cibo per nutrirsi, ma aveva una importanza che andava oltre ciò –, precisamente nelle caverne del monte Carmelo (Wādi Mugāra). Ebbene si può concludere che queste tracce di religiosità dimostrano che l’uomo è di per se stesso «religioso». La storia dell’umanità è inseparabile dall’aspetto religioso, dall’aspetto che lega l’uomo al divino. In nessun animale si trovano tracce di religiosità. La religione è costitutiva dell’uomo e non può esservi uomo senza religione.
Non vi è stato alcun riferimento a nessuna religione esistente nel mondo, per il semplice fatto che l’intenzione è stata solo quella di far emergere quanto sia importante il discorso circa la «religione» in generale, tanto che l’uomo è per sua costituzione un essere religioso, homo religiosus, e trascurare questo aspetto non può che risultare, oltre che dannoso, come una buona parte di ignoranza sull’uomo stesso. È chiaro che Colui che è la Luce del mondo ci ha indicato la verità, poiché è Egli stesso la Verità (Cfr. Gv 14,6), ma questo merita un approfondimento a parte, dato che lo scopo dell’articolo, come già scritto, è stato solo quello di evidenziare la religione in sé e l’aspetto religioso dell’uomo come rientrante nella sua costituzione di uomo. Così come ogni decisione dell’uomo rimanda ad una posizione antropologica bene precisa. Pertanto, credo si possa concludere con le parole di Van der Leeuw: «quanto più violentemente si presenta l’ateismo, tanto più chiaro vediamo in esso le tracce di antiche esperienze religiose, come quelle dell’escatologia e della religione della comunità umana nell’ateismo comunista. L’uomo che non vuole essere religioso lo è proprio per questa sua volontà. Può ben fuggire di fronte a Dio, ma non può sfuggirgli» (G. Van der Leeuw, L’uomo primitivo e la religione, Boringhieri, Torino 1952, p. 146).



Gabriele Cianfrani


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